Là in mezzo all’acqua la riva sembrava lontana centinaia di miglia. Come se nuotando verso est avessimo raggiunto un’altra dimensione. Solo nostra. Come se fossimo irraggiungibili. Tu e io. Come se avessimo finalmente sconfitto il tempo attraverso lo spazio. Perché l’unica dimensione fisica che contava era la distanza fra i nostri due corpi, sempre più esigua. E quel giorno la potenza delle onde ci incantava più dei nostri stessi sguardi, scambiati sotto il sole appena al di sopra della superficie dell’acqua. Ogni onda era una sfida del mare. Superarla significava ribadire il nostro potere e la nostra capacità di restare uniti. Fragili al singolare. Immensi al plurale. Una sfida di Eros contro Poseidone. E la lotta con le onde era divenuta un gioco. Noi due come bambini amanti. Che risalgono le radici della loro stessa umanità per ritornare ad essere l’essenza stessa e beata del gioco. Come a ricordarsi che la vita può essere anche questo. La spensieratezza di un momento. Solo il tuo sorriso e le onde di questo mare, travestito da oceano per l’occasione. E per la prima volta ho percepito l’inutilità delle parole. Io che le ho sempre idolatrate come dei. Inutili per spiegare il trionfo del cuore sotto quel cielo terso. E il senso di quel saltare le onde avvinghiato alla tua mano stretta intorno alla mia. In fondo questo eravamo: solo bambini nel mare, solo bambini nel vento. Non c’è colpa e non c’è biasimo in questo. Soltanto la vita pura cristallizzata nel presente. "Another day goes by, will never know just wonder why you made me feel good, made me smile. I see it now, and I, can say it's gone that would be a lie. Cannot control this, this thing called love”.
Le parti in inglese sono tratte da “Another day” by Lene Marlin
Le parti in inglese sono tratte da “Another day” by Lene Marlin