L’ho sentita risalire dallo stomaco e riempirmi il cervello. Quella oscurità che conosco come me stesso. L’ho vista coprire la stanza silenziosamente, leggera come la polvere. L’ho sentita posarsi ovunque. Anche sopra i miei occhi. E non ho più visto la luce. Proprio in quel momento ho sentito la tua presenza. Accanto a me. Su un letto che non era il mio, tra le dune bianche delle lenzuola. Ti ho visto osservarmi con aria inquisitoria seppur dolce. Come a chiederti cosa la vita stesse per portarmi. Quale nuovo fallimento, quale misera vittoria. I tuoi occhi su di me. Per tutta la notte. “Upon her small white bed I fell into a dream. You sat up all the night and watched me to see, who in the world I might be”. I tuoi occhi che interrogavano il mio futuro. E fuori una pioggia insolente a piangere la morte dell’estate. Mi sono sentito in un altrove desiderato fino alla sofferenza. Ma anche temuto ferocemente, nelle mie notti infinite di gelida solitudine. Ho sentito il mio corpo scosso da qualcosa che sta in mezzo tra il freddo e la passione. Poi mi sono ritrovato di nuovo solo, improvvisamente. Ma l’oscurità non era più così intensa. E nella penombra irragionevole, ti ho osservato tutta la notte. Con la mente. Con il cuore. Pur sapendo bene che il tempo va in una sola direzione. “I sat up all the night and watched thee to see, who in the world you might be”.
Le parti in inglese sono tratte da “Rainy night house” by Joni Mitchell