lunedì 31 dicembre 2007

Solo Musica. Nessun bilancio.

Ok. Mi piacerebbe chiudere l’anno con un post più leggero. Insomma “leggero” per modo di dire. Non vorrei cadere nei bilanci di fine anno, se no finisce male davvero. La mia testa è pesante di pensieri anche in questo ultimo pomeriggio dell’anno e come sempre cerco di alleggerirla con la Musica.. Io vivo di musica, anche quando non vivo. .. quindi mi sono detto, perché no? Ok io non amo le classifiche. Per niente. E non amo nemmeno recensire i cd. Come chi mi legge sa, parlo quasi esclusivamente dei live e non degli album da studio. Perché appartengo alla scuola che pensa che nel live l’artista dia il meglio (o il peggio…) di sé. Perché un live può stravolgere in positivo o in negativo il senso che hai dato ad un album. La musica poi, i testi e le emozioni che i pezzi mi danno, vengono fuori in ogni mio post. E quindi ho pensato di dire due parole due su quelli che considero i capolavori usciti nel 2007.. pochi album che hanno segnato il mio anno… perché ci sono stati tanti album belli .. e tantissimi orribili… ma pochi mi hanno colpito profondamente, forgiando il mio tempo e i miei umori in questo lungo anno. Ecco.. ne cito qualcuno (anche se chi mi segue saprà già i nomi degli artisti che sto per fare…)…



Come non partire da “American Doll Posse” di Tori Amos? Perché aspettavo quell’album da quando è uscito “The Beekeeper” che non mi ha convinto fino in fondo. E Mrs Amos è tornata a mio parere con un gran album. Pur se con alcune tracce discutibili da un punto di vista musicale, i testi e la grinta non lasciano dubbio: Tori è e rimane il top. Pezzi come “Smokey Joe” e “Dragon” sono sufficienti per parlare di un ritorno in grande stile. Ho amato ogni istante del concerto di Firenze a cui ho avuto la fortuna di assistere. Se poi aggiungo che prima del concerto ho anche potuto parlarle qualche istante… beh non ci sono parole… il mio amore verso questa grande donna cresce ogni anno.


Poi procediamo con il ritorno dei mitici grandi Radiohead con “In Rainbows”. Anche questo un ritorno atteso e carico di aspettative. E Thom e soci non si sono smentiti per niente. Un insieme perfetto di assonanze e dissonanze sonore che compongono uno stile definibile soltanto con la parola “Radiohead”. La voce di Thom mi è entrata da anni nel cuore e la trovo sempre più incisiva… mentre recita (cantare è poco per artisti come lui…) i testi tra l’intimistico e l’enigmatico.. Prima l’album scaricabile solo su internet (la nuova lezione dei Radiohead al mercato discografico) poi il cofanetto.. con altri pezzi… che sto ascoltando anche in questo preciso istante..


Ecco che nel mio ultimo soggiorno inglese mi sono imbattuto per caso davanti al nuovo album di PJ Harvey, “White Chalk”. Uscito senza clamore ed essenziale nella grafica della copertina, così come negli arrangiamenti dei pezzi. Eppure dal primo momento in cui l’ho ascoltato, la sua voce (che ben conosco) e le sue parole, mi hanno graffiato il cuore senza pietà. E ho trovato la giusta colonna sonora per sanguinare. I testi sono preghiere oscure fatte di sensibilità soffocata. Non ho mai sentito Polly così vicino. Avevo bisogno di un album così in questo momento.


Chiudo con l’ultima splendida scoperta dell’anno… Eddie Wedder “Into the wild”… amo i Pearl Jam ma da un po’ non mi colpivano… Ci è riuscito questo lavoro solista di Wedder... una voce che scalda e coinvolge.. e pezzi davvero eccezionali.. come “Society” .. un testo che vorrei davvero avere scritto io…

Su queste note auguro a tutti voi un buon inizio… e lo auguro anche a me.. è stato un anno molto pesante.. che mi pare sia durato un secolo… chiedo al nuovo anno soltanto un po’ di leggerezza… e la possibilità di riuscire a stare un po’ meglio.
Domani pomeriggio parto per la Bretagna; starò via tutta la settimana. Spero mi faccia bene.

Un abbraccio a tutti

venerdì 28 dicembre 2007

My utmost heart



I am injuring the Land
With my feet on the wet soil
While the snow is going to melt
It’s a Christmas without soul

It’s just an example as the life could be
If my mind was mellow I would no more bleed

I take pictures in my head
As a child without a pen
They can memorize a man
Walking alone along paths

Love is just a row of sad etceteras
It’s driving me too my utmost heart

You should have been you should have been
You should have been like a temple
Your skin around your dreams
You should have been like a candle
Burning up all the greed

I count weeks from yesterdays
And the months from the last rain
I lapse into silence when
Too much noise is on my edge

It’s not pathological the state I’m in
It’s my utmost logic to live as I live

You should have been you should have been
You should have been like a temple
Your skin around your dreams
You should have been like a candle
Burning up all the greed

(immagine dal sito www.keithparkinson.com)

martedì 25 dicembre 2007

Orion’s belt



Orion you are, upon my window
And I read the winter in your belt
Oh I am far from my weeping pillow
I can’t sleep while autumn’s going to end
It’s as I need something more
Than staying here almost lost… while the winter comes

Whispers talk to me, missing to ask
If I agree listening to them
They go on to speak of a new land
Wide opened behind this old hell
And my eyelids on the pane
Show I am ready for this new way… winter’s going to face

Stars tonight are my own treasure
They can give me the strange pleasure
To think eternity exists

I am nothing but a shadow
Waiting for being a new Abel
‘cause we are what we didn’t think

I confess to you, in front of the sky
Suburban as I like it to call
All that I have learned it is just a light
Love can turn off it or can turn on
And we are here to know what
Our remiss minds have lost… winter never ends

Stars tonight are my own treasure
They can give me the strange pleasure
To think eternity exists

I am nothing but a shadow
Waiting for being a new Abel
‘cause we are what we didn’t think

Orion you are, upon my window
And I read the winter in your belt

lunedì 24 dicembre 2007

I don't know what really happened




La tua lettera mi è arrivata proprio la Vigilia di Natale. È arrivata bagnata da un pioggia gelida, quasi neve. L’ho toccata incredulo, come non mi appartenesse. Come non fosse indirizzata a me. L’ho aperta nella semioscurità serale ferita dalle luci colorate. Ogni parola ha assunto sfumature differenti. Ho bevuto le lettere con la mia mente avida, lasciando che il sangue si concentrasse attorno al cuore. Come se tu mi fossi stata davanti. Come se la lettera fosse il tuo corpo. Smarrito nei profumi e negli odori di un Natale improvviso, ho visto i tuoi occhi sfiorarmi e rimproverarmi silenziosamente mentre leggevo. “Please don't reproach me for how empty my life has become”. Mi scrivi di un Natale che svuota di senso la vita. Che ruba quel poco che si era raccolto per svenderlo e coprirlo di nastri colorati. Per questa festa mi regali i tuoi pensieri sfregiati da questo tempo di guerra. Sono costretto ad accoglierli nel mio harem di finta pace in cui mi sono confinato. Sono secoli che non avverto la tua umanità di seta. Solo freddo ghiaccio e parole come coltelli. Non so come reagire, mi trovi impreparato. Completamente inerme di fronte alla tua debolezza. Salgo le scale al buio. Toccando le pareti per orientarmi. Le mie mani sfiorano il muro gelido, ne cercano le forme. Ora mi sembra sia stato tutto inutile, tutto senza senso. Dalla tua lettera due parole urlano di ferocia: delusione e incomprensione. “I don't know what really happened. I watched your disappointment at being misunderstood”. Eppure inizio a capirti; gradino dopo gradino leggo la tua coscienza costernata di fronte ai muri invalicabili che ho innalzato intorno a me. Mi chiedi dove sono sparito. Non so rispondere. Di certo non sono più parte del nostro antico mondo. Lo vedo lontano tanto quanto sento distante te. Raggiungo il salotto, già imbandito per la cena rituale. La tavola brilla di luce propria. Dalla cucina sento provenire risate e commenti. Io osservo e ascolto questo universo estraneo. E sento le tue parole contorcersi nel mio stomaco. “Something metal tearing my stomach out, if you think ill of me”. Mentre entro nella mia stanza buia penso a quante infinite volte ho tentato di decifrarti, cadendo poi sfinito senza riuscirci. Ora, cosa mi stai offrendo? Sappiamo che il tempo va in una sola direzione. Mi osservo nello specchio nella penombra. Con la tua lettera in mano mi aiuti a comprendere quanto sono cambiato. Non riconosco più il mio viso. Non coincide con quello dell’uomo a cui stai scrivendo. Se mi vedessi te ne renderesti conto anche tu. “I tried to learn your language but fell asleep half undressed unrecognizable to myself”. Mi sdraio sul letto e mi sfilo i jeans. La pelle nuda delle mie gambe a contatto con la coperta fredda mi fa rabbrividire. Sono sconfitto. Da te e da questo Natale di stracci bagnati ricoperti d’oro. Mi invade una dolcezza mista a rassegnazione. Vorrei averti qui, ora. Ma non vorrei vederti mai più. È banale dire che ti perdono. Ancora di più è chiederti di fare la stessa cosa. In questa sera di luci finte le colpe si sciolgono nella solitudine come sale nell’acqua bollente. Mi accorgo solamente ora che è davvero Natale. “I forgive you….”. “Can you Can you Forgive me Forgive me Can you Can you Forgive me. Too. Too”.
Le parti inglese sono tratte da "Broken Harp" by PJ Harvey

sabato 22 dicembre 2007

Sanctuary


This is an important moment
I’m touching my fears with both my hands
The autumn is almost over
And I can’t say if my choice is proper

I see a face reflected on the mirror of
My dreams I don’t know whose is it that vision really

I can say words are my lovers
They are the only ones that can give me help
While in this world of covers
Nobody is speaking of what life does mean

I bleed as my thoughts could be only some giant
Tricks without any truth inside their sanctuaries

Oh why I am just a sad model
Into a reality of bother

I need I need to kill this
Before it can take from me everything

Don’t lie you are like me, to wander
Among these ghosts it is just smother

I’ll be one day able to be free
From every false bright sanctuary

The lambs can devour the lions
Oh if they can masquerade enough
As the snow can burn the town
If it was the chemical compound

Not me it is all that can see around
To me, all is fiction all is empty sanctuary

Oh why I am just a sad model
Into a reality of bother

I need I need to kill this
Before it can take from me everything

Don’t lie you are like me, to wander
Among these ghosts it is just smother

I’ll be one day able to be free
From every false bright sanctuary

giovedì 20 dicembre 2007

I can't believe that I would keep you from flying



Scrivere di te è banale. Nessuna parola, nessuna frase può riuscire a renderti comprensibile, senza cadere nella mediocrità. Perché tutto è mediocre se confrontato con te. Eppure in questa notte di pensieri erranti senza pace, ho un bisogno fisico di parlare di te. Di te e di noi. Perché non ho mai fatto l’Amore con te, eppure ti amo immensamente. Ci sono cose più intime e più profonde. Perché se abbiamo condiviso la Musica, non ci può essere niente di più grande. Nemmeno quell’Amore tanto idolatrato dai poeti. Ma questo possiamo capirlo soltanto tu e io. Nessun altro. Non avrei mai immaginato, prima di te, che qualcuno potesse entrare nei meccanismi che collegano il mio cuore alla mia mente e dai quali poi sfociano, come da una sorgente sotterranea, le parole e le note. Tu hai osato penetrare il mio pensiero e lo hai fatto, straordinariamente, senza invadermi. Mai. Lo hai fatto attraverso le melodie e le frasi con cui abbiamo tradotto i nostri pensieri, l’uno per l’altra. Abbiamo sanguinato insieme, feriti da una realtà affilata. Abbiamo osservato le nostre vene esplodere di vita, di morte e di talento incompreso. Ci siamo uniti in nome della Musica e abbiamo sfidato il mondo. Nei lunghi pomeriggi in compagnia del pianoforte e delle nostre voci. La tua, splendida e regale. La mia, acerba ed emotiva. Tu. Mi hai accompagnato per mano, maestra paziente e raffinata di maieutica, tra i frammenti di ispirazione e le confessioni notturne di un ragazzo troppo vecchio per potere crescere. Ho capito dal tuo sguardo cosa significhi amare qualcuno senza alcuna pretesa di possesso o di vanità. E io. Ti ho raccolto dal buio e ti ho stretto in un affetto a me stesso sconosciuto, desiderando proteggerti da ciò che io stesso temevo. Ti ho osservato brillare e poi decadere e poi rialzarti e poi accasciarti sconfitta. E ti ho sostenuto nel mia debolezza fatta di comprensione e lacrime trattenute. Ora cosa accadrà? Ora che la vita ha sconfitto il tuo traguardo e i nostri progetti sono stati arsi dalla sterilità del mondo, siamo forse destinati all’oblio? Ora che il distacco incombe sopra la mia anima come valanga di ghiaccio appuntito, non mi resta che contare le mie lacrime di solitudine. Senza che nessuna di esse possa bagnare il tuo cuore. Perché mai potrei impedirti di trovare finalmente una casa. Né mai potrei sbarrarti il passo verso l’Amore. Le mie lacrime ti accompagneranno nel silenzio verso il nuovo orizzonte che hai scelto. Un orizzonte bianco chiazzato di mare. “These tears I've cried, I've cried, 1000 oceans. And if it seems I'm floating in the darkness. Well, I can't believe that I would keep, keep you from flying, and I would cry 1000 more if that's what it takes to sail you home sail you home sail you home”. Non ci saranno più quattro mani sullo stesso pianoforte. Non vedrò più le mie parole mischiate alle tue senza che l’origine sia riconosciuta. Scomparirà il sapore del tè delle cinque, assaporato tra i pensieri del tardo pomeriggio. Non avremo che i ricordi di quegli istanti preziosi rubati dai treni e dall’incombere della realtà. Le nostre anime si osserveranno da lontano e si racconteranno di vite distanti centinaia di miglia. Ti ritroverò nella nostalgia e nei momenti in cui la poesia si impossesserà ancora della mia vita, senza chiedere il permesso. “And if I find you, will you still remember? Playing at trains or does this little blue ball just fade away”. Con Noi scomparirà un sogno esteso più del mio stesso universo. Un sogno che ancora mi farà piangere e ridere fino al tramonto di questo secolo di guerra. Non so capire ora, in questa valle più nera della notte, quale sarà il mio ruolo, dopo la tua partenza. So solamente che, nell’impossibilità di rincontrarti, ti seguirò ovunque con il mio cuore trafitto. “I'm aware what the rules are but you know that I will run, you know that I will follow you, over Silbury Hill through the Solar Field , you know that I will follow you”. Tutto cambierà. Insieme con l’autunno che sta cedendo il passo all’inverno. Sapiente di sofferenza e avido d’Amore. E io attenderò silenzioso, accanto al pianoforte muto, che la tua vita rinasca altrove e che la mia possa finalmente tramontare.

Le parti inglese sono tratte da "1000 Oceans" By Tori Amos

lunedì 17 dicembre 2007

Dearest darkness



Insieme abbiamo osservato questa neve indecisa. Questi fiocchi leggeri che sembrano sfidare la gravità e tornare verso il cielo. Aprendo la finestra abbiamo annusato il profumo di legna bruciata aleggiare sui campi biancastri. E la luce del tardo pomeriggio scemare gradualmente. Ho atteso silenziosamente che tu tornassi da me, anche stasera. Ti sei avvicinata dolcemente e ti ho accolta con la sicurezza di chi ti conosce bene da sempre. “Dear darkness dear I've been your friend for many years”. Così non è cambiato nulla. La mia infinita adolescenza decrepita di speranze disilluse trova ancora in te la sua dimensione ideale. L’uomo che è in me si ritrae di fronte alla tua benevolenza e il ragazzo può di nuovo amarti incondizionatamente. Coprendosi di te. “Dear darkness dear darkness. Won't you cover, cover me again?”. Promettimi di nuovo che mi proteggerai dalla luce volgare che tenta di insinuarsi nella mia anima. Dimmi ancora una volta che non dovrò mai temere di essere squarciato dalla crudele vanità di questa vita. “Won't you do this for me? Dearest darkness and cover me from the sun”. Quando la luce decadente ha smesso di sorridere ipocrita al mondo ed è soffocata nel tuo abbraccio, mi sono sdraiato e in pochi minuti mi sei apparsa in sogno. In quello stato che viene dopo la veglia ma precede l’abbandono del sonno ti ho visto accanto a me, sorridermi maliziosa e sensuale. Io stavo con persone che tu non puoi conoscere e ti osservavo da sola, seduta in un tavolo appartato. Ti ho raggiunto abbandonando coloro con cui conversavo e ho lasciato che tu iniziassi a raccontarmi di noi, del modo in cui l’autunno sta lasciando posto a questo inverno di grafite. Le tue parole mi hanno stretto la gola. Come un cappio di seta nera. “And the words tightening. The words are tightening around my throat”. Di nuovo mi abbandono a te, ora che ho smarrito ogni senso e ogni direzione. E di nuovo ti chiedo di soffocare il mio desiderio e il mio amore, inutili ricami del cuore. Avvolgi l’amore come sai fare con la terra ogni notte. E lascialo senza respiro. “Around the throat of the one I love. Tightening, tightening, tightening. Around the throat of the one I love. Tightening, tightening, tightening”. E allora sarò di nuovo tuo, senza più riserve. Ormai la notte è fonda. Ci sei soltanto tu. Trionfante e sublime. Oscurità.
Le parti in inglese sono tratte da “Dear darkness” by P J Harvey

domenica 16 dicembre 2007

Cristina Donà, 15 dicembre, Bologna




“Tu mi dicevi che la verità e la bellezza non fanno rumore”… con la splendida “Settembre” è iniziato il concerto della Donà all’Estragon di Bologna, ieri sera. Un concerto che mi ha coinvolto e stupito anche molto al di sopra delle mie aspettative. Non conosco Cristina Donà da molto. Direi sia da qualche mese. Ma dal primo ascolto di “Nido” me ne sono innamorato. E non è per niente facile che io mi avvicini alla musica italiana. È qualcosa di raro. Sono abbastanza anglofilo nei miei gusti… in campo musicale e non solo. Ma la voce particolare e soprattutto i testi raffinati ma dal significato potente e diretto mi hanno subito preso. Ecco… tornando al concerto di ieri sera. La Donà live ha la straordinaria capacità di saper dosare momenti intimistici e delicati… a momenti di rock anche abbastanza duro.. in modo direi perfetto. Questo lo sa fare grazie anzitutto alla sua voce che sa essere potente e poi struggente e poi sottile e poi sensuale e poi ironica e poi… Insomma una voce che mi ha davvero sorpreso per la sua duttilità e la sua capacità di adattamento. Una voce che viene dall’indole stessa della cantautrice.. la quale passa da momenti tragici e malinconici.. a momenti ironici che rasentano la comicità… Sì perché se con alcuni pezzi mi ha quasi commosso (e un po’ me lo aspettavo..), ma mai avrei immaginato di ridere di gusto.. invece Cristina sa scherzare a intrattiene il pubblico anche con battute e simpatici giochi che coinvolgono sempre la sua straordinaria capacità vocale, anche nel parlato. Una gag su tutte: dopo la fine della prima parte del concerto ad un tratto la Donà torna sul palco tra gli applausi e vede due ragazze che si allontanano… rivolgendosi a loro dice: “ma non vorrete mica andare via adesso!?”. Loro rispondono che debbono andare a lavorare ma che vorrebbero tanto sentire prima il loro pezzo preferito… E lei si ferma e dice: “Ok ve ne faccio un pezzetto in fretta!”. Poi si mette ad accordare la chitarra.. e mentre lo fa si rivolge a quelle ragazze e dice “Se arrivate in ritardo dite al vostro capo che è colpa di Cristina Donà che doveva accordarsi!!”. Risate generali. Insomma, davvero una grande. E oltretutto molto umile e semplice, piena di ringraziamenti e attenzioni per il suo pubblico (cosa non scontata, ve lo assicuro). Dopo una sessione con la band (bravi musicisti) più rock, ha fatto qualche pezzo da sola con la chitarra acustica… e poi di nuovo con la band per la chiusura. Tanti i pezzi che amo e che ha fatto.. da “Nido” (tutto in falsetto) che adoro.. a “L’ultima giornata di sole”.. a “Mangialuomo” … Da “Niente di particolare (a parte il fatto che mi manchi)”, a “Migrazioni” , a”I duellanti” a “L’eclisse” , a “Universo”.. dall’ultimo album, La Quinta Stagione. Insomma, davvero un bel concerto e una stupenda Cristina Donà davvero in forma. È bello pensare che nella musica italiana, così in decadenza da molti anni ormai, ci siano ancora realtà come questa, una cantautrice che ha davvero qualcosa da dire e da mostrare. Un solo appunto: ringrazio il tecnico delle luci per avermi abbagliato più o meno costantemente durante tutto il concerto e per avermi conseguentemente fatto perdere tre gradi per occhio. Grazie.

sabato 15 dicembre 2007

Ludovico Einaudi, 13 dicembre, Reggio Emilia




Nell’attesa che questa marea di pensieri, che mi circolano dal cuore alla testa e dalla testa al cuore, decida di palesarsi sotto forma di parole o di musica… scrivo due righe su un bel concerto a cui ho assistito giovedì. Il piano è ed è sempre stato il mio strumento preferito.. suonarlo mi scalda le mani e anche l’anima… e ascoltare chi sa suonarlo bene mi dona una bellissima sensazione…di purezza e di luce. Quindi ecco che non mi potevo perdere Ludovico Einaudi in Teatro. Lui è un pianista molto famoso che conosco di fama ma non in modo approfondito.. io che sono legato ai grandi pianisti compositori del passato… non facilmente mi approccio a quelli moderni senza pregiudizio alcuno. L’ho fatto con Giovanni Allevi e non me ne sono pentito. E anche Einaudi… sapevo che l’avrei presto o tardi incontrato.. Ed eccomi al Teatro Ariosto in balconata, quasi sul palco, per ascoltarlo. E devo dire che dopo una terribile giornata come quella di giovedì, ci voleva proprio. Einaudi suona in modo molto suggestivo ed evocativo. Ascoltandolo si formano nella mente delle vere e proprie immagini mentali, è straordinario. E si passa dal bosco assorto nella quiete serale di un inverno malinconico, ad una notte dolce e calma sul mare con l’Amore che ti sussurra nell’orecchio birichino. Incredibile quante emozioni diverse siano richiamate. Einaudi è davvero tutt’uno col suo piano: può sembrare scontato dirlo, ma se lo si osserva suonare, le espressioni del volto e delle labbra seguono ogni nota in modo immediato e fisico. E quando a fine pezzo toglie le mani dal piano e le appoggia sullo sgabello, sembra quasi subire una metamorfosi, un distacco da un parte di sé. Torna Ludovico e se ne va l’entità unica Ludovico + piano. Entità che torna puntualmente all’inizio del pezzo successivo. Il musicista ha detto durante il concerto che non segue mai scalette predefinite… suona i pezzi lasciandosi trasportare dall’intuito, compiendo le scelte in base al suo mood della serata. Penso sia una cosa molto bella, che va ancora una volta a rinforzare l’idea di trovarsi di fronte ad un musicista genuino ed emotivamente coinvolto. Non è poco. Quasi 2 ore di concerto, passate senza alcun tipo di insofferenza, nonostante la stanchezza atavica che mi porto dietro in questi giorni orribili. Ancora una volta mi sono dimostrato che la Musica è la mia unica ancora di salvezza.

domenica 9 dicembre 2007

Whatever Fate



I’ve discovered curious faces
Lookin’ at me at my eyes
I’ve seen them while they were fading
Behind the tears I was crying

You can help me to discover
What is there behind the screen
While I try to become older
But I’m always on my knees

Then I’ve found another mourner
In a disco club near me
He was speaking by the corner
Saying what I really miss

Yes may be I was forsaken
‘cause I live a different life
While they try to find a shelter
I am naked on the ice

Whatever fate oh will fall.. on me
I’ll catch its letters and words.. and I’ll read
‘cause no one can know
What’s going to fall

Under the sun of the sleepless
I let my skin become brown
Risking to fall in the deepest
Black hole I have ever found

No reaction from my body
Only some thoughts in my mind
They are circling as always
Just ignoring it’s not the time

Whatever fate oh will fall.. on me
I’ll catch its letters and words.. and I’ll read
‘cause no one can know
What’s going to fall

venerdì 7 dicembre 2007

You'll go to hell for what your dirty mind is thinking



Rientro dopo una serata inutile. Apparenza raffinata e calcolata. Fuori una notte limpida e tiepida come non vedevo da tempo. Il cielo cobalto inneggia alla libertà notturna. Nella mia mente una congestione di pensieri. Cerco di discioglierli nella quiete di una terrazza di cui avevo scordato quasi l’esistenza. Penso a tante cose e a tante persone. Mi chiedo quante di loro stiano pensando me e subito dopo mi rendo conto di quanto sia infantile questo pensiero. Non ho grandi idee per riempire il vuoto di questi giorni sterili ma sensuali. Nulla sta per accadere e tutto è perfettamente allineato sugli scaffali. Nemmeno un libro fuori posto. Amo questo ordine apparente eppure desidero con forza un terremoto che lo distrugga senza lasciarne traccia alcuna. “Don't get any big ideas they're not gonna happen”. Rientro nient’affatto infreddolito e mi spoglio nella penombra. Osservo la mia figura sullo specchio, sempre più fatiscente, e ancora una volta mi chiedo come questo corpo possa contenere i labirinti chilometrici dei miei pensieri. La risposta porta di nuovo a postulare la separazione del corpo dalla mente, due entità che devono convivere ma che, in fondo, non hanno nulla in comune. “You'll go to hell for what your dirty mind is thinking”. Mi sono dipinto di bianco per potermi veder puro come vorrei essere. Mi sono scoperto umano e fragile, come un amante. Ho riempito la mia bocca e le mie orecchie di rumore per impedirmi di ammettere la mia debolezza. E ora che l’ho persa, mi manca la mia umanità soffocata. “You paint yourself white and feel up with noise but there'll be something missing”. Stasera mi sono perso e non trovo più la strada per ritrovare me stesso. Tu avevi trovato per me una direzione ma io sono uscito dai binari. E ora procedo come un granello di polvere nel vuoto interstellare. "Now that you've found it, it's gone. Now that you feel it, you don't. You've gone off the rails”. Non so chi sarò domani e non desidero saperlo. Intanto il vento bussa più volte sulla finestra della stanza. Io non gli aprirò.

Le parti in inglese sono tratte da “Nude” by Radiohead

lunedì 3 dicembre 2007

Salvation of some kind



I’m a father without son I know
I have read it clearly in my soul
It’s the dream of the broken mirrors
This embrace of days called life by all

Salvation is behind the door
But there are almost thousand doors

It is etched on my peel a look
To be like the other people used
As I had a mantle just to put
Over my weakness and its roots

Salvation, is it something true?
Or it is an enchanted flute?

For all the moments I have seen
Burning up the sky
In front of my trembling eyes
Me flying so high
And then falling in sins and cries

For all the smiles lost in grief
I sell all is mine
‘cause I’ve no value in this life
I await a sign
A salvation of some kind… of some kind

Yes another cod sunset I love
‘cause I need to be a lover so
Without knowing where the sun has gone
I search crumbs of salvation

‘cause this is all we have to learn
Before the time can cut the hope

For all the moments I have seen
Burning up the sky
In front of my trembling eyes
Me flying so high
And then falling in sins and cries

For all the smiles lost in grief
I sell all is mine
‘cause I’ve no value in this life
I await a sign
A salvation of some kind… of some kind

sabato 1 dicembre 2007

Nancy Elizabeth, 30 novembre, Modena



Mi sono accorto che da un po’ non parlo di concerti. Un po’ perché da un po’ non ne vedo uno degno di nota, un po’ perché la mia cupezza emotiva mi fa scrivere tutt’altro genere di cose. Insomma, giusto per alleggerire un po’ la situazione, eccomi a parlare di questo bel concerto a cui ho assistito ieri sera! Nancy Elizabeth ha solo 23 anni, eppure il suo ultimo album “Battle and Victory” è stato salutato come una delle grandi sorprese del folk britannico. Ne avevo sentito parlare ma effettivamente non la conoscevo: ero in quella fase in cui vari elementi stuzzicano la tua curiosità verso un artista ma non ti sei ancora mosso nella sua direzione; il concerto è stato l’occasione giusta. Nancy Elizabeth è inglese: la immagino vivere in uno di quei paesini dispersi nella brughiera inglese (uno di quelli in cui mi trasferirei domani, per capirci), perché sì, tutto di lei mi ricorda la brughiera. La sua voce melodiosa dall’intonazione leggermente decadente. Il suo aspetto da bambina un po’ cresciuta ma con ancora il codino e le calze a maglia a pois bianchi e neri. All’entrata del locale, mentre ancora suonava un altro musicista, abbiamo chiesto ad una ragazza sola se la sedia accanto a lei fosse libera. Ci ha risposto inglese, ma non avevo capito fosse Nancy. L’ho scoperto quando è andata sul palco, lei sola con la sua chitarra e la sua arpa celtica a 22 corde. Fin dal primo istante è stata un’emozione. Una voce spontanea, di quelle che vengono direttamente dall’anima. Per nulla artefatta. Forse a tratti fin troppo immediata e quasi naif. Ma piacevole per questo. Ha una voce da bambina che però canta da donna. I pezzi sono molto graziosi. I temi dei testi spesso introspettivi e intimisti con immagini che sfiorano la poesia. Ed è incredibile come sa suonare la chitarra e l’arpa.. in modo così naturale.. come fossero parti del suo corpo.. Insomma, davvero coinvolgente. Poi la sua semplicità è straordinaria. Ci ha detto che era stanchissima dopo un giorno di viaggio dalla sua ultima data a Frosinone (causa sciopero dei treni): lei viaggia sola.. con la sua arpa e la sua chitarra.. su e giù per l’Europa. Dopo avere registrato il suo album in un cottage del 17esimo secolo. Dopo la fine del concerto, durato non molto devo dire, abbiamo parlato un po’. E’ davvero un tipo particolare! La Musica mi ha permesso di trascorrere una serata piacevole. Spero che iniziare così la prima ora di questo dicembre, sia di buon auspicio.