L’ultima telefonata è stata atroce. Ho sentito il mio cuore espandersi come una super nova fino a soffocare i polmoni. Poi, seguendo l’andamento della tua voce, l’ho sentito implodere sino a diventare una stella di neutroni, piccolissima ma infinitamente potente, in grado di divorare ogni residua materia circostante. Poi il vuoto. Così siamo a un nuovo capolinea, l’ennesimo. Inaspettato, temuto, forse provocato dalle mille parole. Quelle dette e quelle non dette. Ti conduco dove vuoi arrivare per mano. Un’operazione di maieutica per soddisfare il mio intrinseco masochismo. Ti confessi con una spietatezza risoluta. Io incasso quasi senza parlare. Ho la sensazione di essere stato ferito fisicamente dalla tua parole. Percepisco il sangue fluire all’esterno ma non riesco a capire da dove sgorghi. Eppure guardo le lenzuola per cercare la macchia rossa che di certo si sta espandendo da qualche parte. Qualcosa di simile avviene per le lacrime. Gli occhi sono solamente umidi ma mi sembra di piangere fiumi interi. Sento la mia anima inzuppata. “Your apocalypse was fab”. Cosa è accaduto? Cosa ha rotto il nuovo equilibrio costruito tra i cristalli infranti e i canneti ventosi? Siamo improvvisamente stranieri. Ognuno nella sua alcova. Protetti da chilometri infiniti che abbiamo disperatamente tentato di non considerare. Ma ora la distanza fisica è un puntino rispetto a quella emotiva, che leggo nel tono della tua voce. Smetto di parlare di fronte alla marea del dolore. Affogo. Mi chiedi se ci sono ancora. Non ti rispondo. La linea cade o forse mi cade il telefono dalla mano. “No one's picking up the phone guess it's me and me and this little masochist (s)he's ready to confess all the things that I never thought that (s)he could feel”. Sento che non ci sarà un ritorno stavolta. Ora voglio solo capire come sopravvivere al male che mi divora. All’apparente ma concreta assenza del prossimo futuro. Alla solitudine ombrosa che amo e temo allo stesso tempo. Stringo il cuscino sperando che qualcuno faccia lo stesso con me. Ora. Non poi. Ma c’è solo la notte, lunga e ostile, accanto a me.
Le parti in inglese sono tratte da “Hey Jupiter" by Tori Amos
L’immagine è “Man seated on bed” di Edward Hopper - Tate Modern online
Le parti in inglese sono tratte da “Hey Jupiter" by Tori Amos
L’immagine è “Man seated on bed” di Edward Hopper - Tate Modern online