lunedì 30 novembre 2009

Sun of November


The Sun of November can still light the sky
It says that the Heaven may be nearby
I am a surrender towards my life
But there’s no matter can’t be melted by time

No I cannot live as a point in the life
Yes I have to build an increasing line

To introduce myself I used to speak about the west
Yes to explain myself I used to say I’m never glad

But now I’ve nothing to say
Now that I’m weak enough to pray
To pray so loud

The clouds on the Land renew my energy and head
I can be my friend even if I’m not an epic man

I needn’t to esc from my haze
Now that I’m weak enough to pray
To pray so loud

The sun of November’s a mirror I like
In which my reflection seems full of might
This sun is a miracle or it’s a crime
While I see some shadows and winter behind?

I look at the border between the two worlds
I’ve not understood while I’m not into yours

To introduce myself I used to speak about the west
Yes to explain myself I used to say I’m never glad

But now I’ve nothing to say
Now that I’m weak enough to pray
To pray so loud

The clouds on the Land renew my energy and head
I can be my friend even if I’m not an epic man

I needn’t to esc from my haze
Now that I’m weak enough to pray
To pray so loud


This sun of November is a test to me
To my mood that’s ever seems so strongly ill

domenica 29 novembre 2009

Paolo Nutini, 27 novembre 2009, Firenze - Teatro Sashall



Firenze rimane per me un luogo speciale. Pur se piena di ricordi inevitabilmente dolorosi, sa trasmettermi una sorta di vitalità interiore, un respiro che non mi dà nessun altro luogo in Italia. E non potevo mancare di andare ad ammirarla dalla Terrazza Michelangelo, prima del concerto: l’emozione non manca mai nell’osservare questo immenso monumento sotto un cielo squarciato dalle nuvole e dal sole.. specialmente dopo settimane di nebbia padana in cui il cielo è sparito completamente. Detto ciò, vengo subito alla musica! Il concerto di Paolo Nutini è stato una bella festa. Lui è l’enfant prodige del soul – pop britannico: a soli 22 anni ha una voce graffiante e rauca, dolce ma spigolosa, insomma perfetta. E poi sembra nato per stare sul palco: è a suo agio in maniera quasi imbarazzante e sorride continuamente al pubblico come a dire che è bello essere giovani, attraenti e straordinariamente talentuosi come lui! E devo ammettere che sa trasmettere buon umore con la sua voce davvero accattivante e il suono così eterogeneo e solare della band. Ha aperto con “10/10”, il primo singolo del nuovo album “Sunny side up” e chiuso col famoso singolo dal primo album “Last Request” e in mezzo ci sono stati momenti da ballare, quasi come a una festa sulla spiaggia, e momenti introspettivi e dolci, da lacrima sul viso. Tra i pezzi che amo di più: “These streets” e “Tricks of the trade” splendidamente eseguite solo chitarra e voce. Poi la simpatica “New Shoes” diventata l’inno degli adolescente spensierati! E ancora “Candy”, un pezzo d’amore così leggero da far sorridere il cuore. E “Coming up easy” con il pubblico che cantava assieme a lui la frase finale “..it was in love I was created and in love is how I hope I die!”. Trai suoi pezzi ci ha sorpreso con una performance quasi a cappella di “Caruso”: da brividi! Perché sì, Paolo ha origini italiane, per la precisione proprio toscane (provincia di Lucca), ma è nato e cresciuto in Scozia. E in italiano è riuscito a dire quasi solo “buonasera Firenze!”. Ma noi gli perdoniamo questa mancanza, vero? Se non si brucerà troppo presto Paolo saprà regalarci tante sorprese in futuro! Ne sono certo. This is just the beginning of the story.

sabato 28 novembre 2009

No one cares if you live or die


Se morissi ora tutto acquisterebbe un senso. Tra queste coperte calde e consolanti. Davanti alla luce decadente di questo autunno antibiotico. Finalmente finirebbe questa attesa inutile, fatta di aspettative suicide e lacrime secche sul viso. E tutte le mie parole, con le quali ho riempito il vuoto degli anni, troverebbero una coerenza. L’epilogo regalerebbe loro un nuovo valore agli occhi del mondo. E io sarei libero dai miei demoni ingordi e dal loro continuo sussurrarmi nelle orecchie la mia inutilità. Non sarebbe una fine mediocre la mia. E nemmeno gloriosa. Sarebbe il ragionevole termine di un dolore che sta assumendo toni troppo cupi. Se morissi ora non sarei morto invano. E nemmeno ingiustamente. Il semplice e agognato riposo che allieta il soldato alla fine di una guerra. Non ci sarebbe motivo per piangere. Sarebbe come tornare a casa dopo un viaggio faticoso. Sarebbe la mia poesia più bella. La vera eternità. “I can’t take the pressure, no one cares if you live or die, they just want me gone, they want me gone. And I'm coming home I'm coming home to make it all right so dry your eyes”.

Le parti in inglese sono tratte da “Harrowdown Hill” by Thom Yorke

lunedì 23 novembre 2009

I don't have the right

Perché continuo a rifugiarmi qui ogni volta che crollo? In questa musica perfetta. Sequenza di note indubbiamente divina. Pur se straordinariamente umana. Da sempre l’unico “luogo” in cui mi riconosco nella mia debolezza. Ma allora non è cambiato niente? Non c’è stata nessuna conquista negli anni. Se penso a tutta la strada percorsa inutilmente, sento le mie ginocchia spezzarsi. E l’anima liquefarsi come la nebbia nel sole di mezzogiorno. Come è possibile sentirsi così coraggiosi nell’apice dello sfinimento? Questa oscura sequenza di note rende le ore profondamente buie. E nell’oscurità più totale le ombre non hanno più alcun potere. Non fanno paura. Si dissolvono. Perché questo senso di colpa? Sono colpevole verso me stesso. Per lo spreco immenso che ho perpetuato. Per queste mie mani ancora troppo deboli: incapaci di creare. Per questa mia scrittura sempre troppo timida e fiacca: incapace di rendere la vita nelle sua famelica e forte complessità. Non c’è mai stato niente di giusto? Tutto è sbagliato perché non porta all’evoluzione. La perfetta ciclicità annulla la spirale ascendente. Le conquiste sono effimere come i fiori di pesco ad ottobre: destinati alla morte prematura. “What else should I write? I don’t have the right. What else should I be? All apologies”. E io sono sempre qui. Fermo. Senza sapere se questa feroce consapevolezza che ho di me stesso, mi salverà o mi dannerà per sempre. Chiedo perdono.

Le parti in inglese sono tratte da "All apologies" by Kurt Cobain
L'immagine è di Virginia Fagini " L’uomo nella spirale" (1969, linografia)

venerdì 20 novembre 2009

Disperso


Tutto il mio sangue
disperso nel cielo
(ore cannibali
mani orticanti)

Ogni mattina fine ultima
ogni sera principio nuovo:
labirinto onnipotente
della vita e della morte

Paura della quiete ostile
di un novembre omicida
di trascendentale attesa
trucidata dal quotidiano

(Eppure la luce
ancora respira
tra sensi spezzati
e voci sottili)

martedì 17 novembre 2009

Skunk Anansie, 15 novembre 2009, Milano - Palasharp


La mia serata Skunk Anansie è iniziata durante il viaggio verso Milano, ben prima dell’arrivo: ascoltando sul cd (e canticchiando!) “Hedonism”, mentre attraversavo il ponte sul Po tra Emilia e Lombardia, mi sono ricordato di quando cantavo questo meraviglioso pezzo col mio primo gruppo, ben 10 anni fa! Da allora è successo di tutto nella mia vita. Però loro, i mitici Skunk, non li avevo mai sentiti dal vivo. Questa è stata la prima volta! Ok, tralascio le file infinite lungo la tangenziale ovest, e il fatto che il Palasharp non è proprio il massimo. Il gruppo supporter non è stato male: sono i The Chemists e hanno un sound un po’ abusato ma comunque gradevole. Poi sono arrivati loro, i ragni (Anansie = dio ragno dei racconti popolari dell'Africa Occidentale) del rock inglese! Con una sempre più eccentrica Skin che ha saltato e si è arrampicata ovunque per tutto il concerto, regalandoci nel frattempo la sua incredibile voce. Unica perché sa essere sia sottile che potentissima, nello stesso pezzo. C’è qualcosa di splendidamente animale in questa donna, quasi come se avesse il sangue di una pantera della savana (ci sono le pantere nella savana?!) nel corpo, mentre si slancia adrenalinica e si infila in tutti gli angoli del palco (e non solo). Si è presentata sul palco con un “mantello” di fronzoli argentati che la faceva assomigliare a una specie di istrice post moderno. Poi ha lasciato la pelliccia sul palco, rimanendo con una sorta di tunica aderente, per scatenarsi liberamente. Ho perso il conto di quante volte Skin si è letteralmente buttata sul pubblico, continuando a cantare mentre le mani dei fans la trasportavano in giro. Il palco è il suo habitat ideale ed è stata perfettamente in grado di gestire ben due momenti di black out dell’impianto dei suoni (ma si può dico io??) senza spazientire il pubblico e senza arrabbiarsi tanto (ok, a parte un "fucking mixer!", che ci stava tutto). Ma dovrei parlare soprattutto di musica! Bei suoni, ottima scaletta, Skin canta da Dio e anche i musicisti davvero bravi. Sono prevedibile nel dire che i pezzi che mi hanno preso di più sono stati: “Charlie big potato”, fatto per secondo con una carica pazzesca, tanto per far capire subito al pubblico quale sarebbe stato il tenore del concerto!; “Hedonism” che mi riempie la testa di ricordi e – ahimè – gli occhi di lacrime; “Secretly”, che per me è il loro pezzo migliore in assoluto e raggiunge vette di lirismo da far paura; “Weak”, un pezzo davvero ma davvero potente che ti scuote da ogni torpore; e – neanche a dirlo – “You’ll follow me down”, che ti rende tristissimo e immensamente vivo nello stesso tempo. Ma anche i pezzi nuovi non mi dispiacciono affatto: “Because of you” è una bella canzone rock: non è scontato sentire un pezzo così di questi tempi! E speriamo che gli Skunk, ora che si sono riuniti, rimangano insieme ancora per molti anni.

martedì 10 novembre 2009

The winter feeds my heart


In notti come queste sembra che Dio si specchi sulle pozzanghere sporche delle strade. Calando lo sguardo dalle nuvole basse che quasi sfiorano l’asfalto. Come per sbirciare curioso la vita lungo queste strade infinite che tagliano la pianura emiliana come ferite putride. Muoversi diviene un obbligo per non perdersi per sempre in questa nebbia fradicia di spiriti trafitti. Lo spazio è un’ipotesi non convalidata. Il tempo una preda della notte lussuriosa. Bevo le ore scandite dal basso elettrico e cupo: le corde metalliche sembrano essere collegate direttamente al mio cuore. Le note attraversano le mie ossa come diapason emozionale. E sulle spalle sento la pesantezza del cielo. E l’angoscia della luna soffocata dalle nuvole. Stanotte la mia voce che ti parla non mi appartiene. La mia gola intontita dalla birra dolciastra sa mentire stupendamente. L’ennesima maschera che nasconde, ancora una volta, la decadenza inevitabile della mia giovinezza e le cicatrici di queste notti infinte dipinte sul mio volto. In attesa dell’alba mi nutro di questo autunno che si finge inverno. “Because of you the winter feeds my heart while summer blows and burns my disappearing youth”

Le parti in inglese sono tratte da “Because of you” by Skunk Anansie

venerdì 6 novembre 2009

Un anno eterno


Oggi la pioggia disegna la mia anima
curva sotto il peso del ricordo:
l’eclisse dei tuoi occhi di luna
dura da un anno eterno

Ora dei sogni sei divenuta l’angelo
sollievo onirico che mitiga
il dolore atroce dell’assenza
che rimbomba nell’autunno

domenica 1 novembre 2009

We are creators


I’ve got three melodies
I’ve got three melodies to write
Don’t know how to chose the better one

I can’t be everything
I can’t be everything I want
Enough it’s to chose the right way

‘cause we are creators
yes we are creators of reality
we’re our saviours
we are just sailors of the energy

(I lose myself and find it again,
throughout the ends and the beginnings
‘cause Samhain is the perfect point to turn)

I can’t change the rules
But even the rules can’t change me
The inner teaching is my light

I look at the wood
Today under the diamond breeze
Breaking continuity of time

‘cause we are creators
yes we are creators of reality
we’re our saviours
we are just sailors of the energy

(I lose myself and find it again,
throughout the ends and the beginnings
‘cause Samhain is the perfect point to turn)