martedì 12 agosto 2025

No one can see me cry

 

Quello che fa più male è capire per davvero definitivamente che tutto ciò in cui ho sperato da sempre non arriverà mai. Un po’ come addobbare con cura una casa per natale e poi all'ultimo scoprire che il natale è stato annullato. Corrode anche un profondissimo senso di ingiustizia perché questa negazione della vita tanto agognata è arrivata con grande anticipo, se confronto la mia esistenza con quelle degli altri. Ma ho capito che il confronto non porta mai a niente di buono e che le cose forse arrivano quando devono arrivare. Eppure, a posteriori, mi sento di dire che ho profetizzato questa improvvisa e verticale decadenza, così precoce. In periodi insospettabili, durante i quali la rovina non poteva assolutamente essere predetta, ho fatto scelte quanto meno strane e singolari, creandomi una vita da rifugiato, fatta di rinuncia, lontananza e decadenza. Preparandomi così a ciò che mi sarebbe successo di lì a pochi anni: mentre le vite degli altri sarebbero esplose di luce, la mia avrebbe visto l'arrivo di un buio profondo. In questo senso sono stato un profeta per me stesso, aruspice della mia stessa fine. O è il caso tipico della profezia che si autoavvera? Resta ormai solo il pianto, di fronte alla totale e ineluttabile catastrofe. Posso piangere qui, dove nessuno ormai può vedermi. “This lightning storm, this tidal wave, this avalanche, I'm not afraid. Come on, come on, no one can see me cry”. 

Le parti in inglese sono tratte da “Imitation of life” (REM)

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