Ora che la luce evade
dietro angoli assopiti
di nuovo orfana d’intenti
e di aspettative nuove.
Mi osservo nella penombra
di una qualsiasi sera
oltre il confine aguzzo
di un crepuscolo urbano.
Leggo la siccità degli occhi
le vene colme di parole
le linee curve delle ciglia
tese di insonnia e fame.
Con il vigore delle mani
m’aggrappo all’ultimo raggio
senso ultimo riesumato
del messia attesa intima.
Mi rimane una capanna
di frutti rossi e di stracci
di preghiere mai pronunciate
e pareti d’umili sogni.
* “Sukkot”, “capanne” in ebraico, fa riferimento alla Festa delle Capanne o Festa dei Tabernacoli, una delle più importanti ricorrenze dell'ebraismo e si svolge fra fine settembre e inizio ottobre. Ricorda le capanne dove il popolo d'Israele viveva durante l'esodo nel deserto, dopo la fuga dall'Egitto. La capanna realizzata in occasione della ricorrenza, rappresenta una dimora temporanea, generalmente viene costruita in legno, ha almeno 3 pareti e un tetto fatto di rami d'albero che la tradizione vorrebbe siano fronde di palma, attraverso il quale deve potersi vedere il cielo, mantenendo comunque un effetto di ombra prevalente all'interno.