lunedì 6 novembre 2017

The seated woman with a parasol

Nonostante non ti veda e non sappia nulla di te da anni, ieri, l’aver saputo che non ci sei più mi ha scioccato. Ho cercato di ignorare la cosa ma poi, ora dopo ora, mi è esploso dentro un mondo di ricordi. Quante estati abbiamo trascorso assieme tra i nostri amati monti! E quante pagine ho scritto su di te! Mi ricordo le passeggiate infinte tra i campi e i boschi: mi hai insegnato tantissimo sulle erbe, sui funghi, sui frutti e le bacche… solo con te ho imparato l’immenso tesoro che nasconde la natura. Mi hai fatto capire come ogni stagione riservi doni diversi e come ognuna sia in grado di offrirci ciò che ci serve per arrivare alla successiva. Il tuo orgoglio e la tua raffinatezza hanno lasciato profondi segni nel carattere ancora in formazione di un adolescente insicuro come ero io. Nel bene e nel male, sei stata una maestra per me. Devo un pezzo di quello che sono a te e a quegli anni. Con te il mio mondo è cambiato e ho compreso come spiritualità e natura abbiano un legame indissolubile. Prima di allora ero rimasto chiuso nel mio guscio di parole e libri, senza muovermi. Al riparo dal vento, senza intuire la forza immensa della tempesta che ci attende al di là del muro. “My world will change for me. I haven't moved since the call came. Since the call came I haven't moved. I stare at the wall knowing on the other side. The storm that waits for me”. La vita ci ha allontanato da anni e ci sono stati dissapori con la mia famiglia. Mi hai deluso e forse io ho deluso te. Non ci siamo mai riusciti a chiarire. Ma è bello che, più che la fine ingloriosa della nostra amicizia, io mi ricordi tantissimi bei momenti che abbiamo trascorso. All’inizio di ogni autunno, mi vengono in mente le nostre serate nella tua piccolissima casa, appena al di sotto della chiesa. Con noi persi in chiacchiere di fianco alla stufa, cuocendo qualche mela appena raccolta negli alberi selvatici del bosco. Mi sentivo così sicuro e in pace lì. “I will be safe in my frame. In your house”. In piena estate mi ricordo le serate nel tuo giardino, anch’esso piccolo ma curato, con una tisana sul tavolo e spesso qualche ospite con cui scambiarsi le novità. E poi ancora, la tarda primavera, quando arrivavi su in montagna per iniziare la stagione e avevi sempre nuove idee e progetti, che mi raccontavi accanto ai cespugli di biancospino appena fiorito. Stavi nella tua casetta di montagna, dove eri nata, da aprile a inizio novembre e poi tornavi nella tua lontana pianura del nord per trascorrere l’inverno. Ora che sei morta lontana, mi piace pensare che tu stia facendo il percorso a ritroso e che il tuo spirito ritornerà in mezzo ai monti in cui sei nata. Ti vedrò di nuovo seduta sulla nostra panchina, con il tuo parasole sopra la testa, tra la siepe di querce e la chiesa. Esattamente nel tuo luogo dell’anima. Luogo che non potrai mai tradire. “Then the seated woman with a parasol. May be the only one you can't betray”. Addio Ester. 

Le parti in inglese sono tratte da “Parasol” di Tori Amos.
L’immagine è “Seated Woman with a Parasol (study for La Grande Jatte)” di Georges Seurat

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