Sopra al traffico intricato di Genova ci ritiriamo in un’oasi di pace. Siamo lontani, seppur vicini, alle altre persone. I ha portato la Chanupa, la sacra pipa. Non ne avevo mai visto una dal vivo. Poi M la accende con le erbe sacre. Siamo in casa sua e quindi inizia lei il cerchio di condivisione. Sta vivendo un periodo molto difficile. Sento subito che si è creata una connessione che va oltre, nel tempo e nello spazio, le nostre vite. M parla della morte e della sua accettazione. Della difficoltà di lasciare andare le persone a cui vogliamo bene. Si tratta di una questione focale, al centro della nostra umanità e dei nostri percorsi spirituali. Eppure è così difficile da affrontare. Siamo terrorizzati dal rimanere soli su questo piano. Non è sufficiente la consapevolezza che il percorso continua: il punto è che continua senza più reciproca connessione. M parla della morte di suo padre. La pipa poi passa a I. Lei ha perso la madre e il percorso di accettazione è stato durissimo. È stato necessario un rituale collettivo per staccare il cordone ombelicale. La morte a volte non basta per distaccare due persone. Occorre qualcosa di esterno, una celebrazione che contempli gratitudine e ringraziamento, ma che sia anche un ultimo saluto. Poi la pipa passa nelle mie mani. È molto più grande e pesante di quanto pensassi. Appena la tocco sento una forte responsabilità per ogni parole che sto per pronunciare. Il sapore acre delle erbe invade il palato. Noto come sia difficile anche tenere acceso il fuoco con il solo respiro. Io parlo delle mie nonne, perse negli ultimi anni. Parlo della impossibile comprensione del grande segreto della morte. Chi ci era più vicino e improvvisamente sparisce. Senza più farsi vedere. C’è quasi una goccia di rabbia nel pensiero di essere stati abbandonati. E poi mi chiedo quanto sia importante essere consapevoli quando ci si affaccia sul bordo della morte. E quanto invece non sia meglio credersi ancora lontani dal passaggio dimensionale. Per poterlo affrontare con maggiore tranquillità. Passo la pipa a E. Lui sembra il più tranquillo su questo argomento. Sembra avere accettato la scomparsa della madre. E anche, recentemente, di un carissimo amico. E è bravo a tenere il fuoco vivo. Lui dice che il fuoco è lui e lui è il fuoco. E racconta di avere sparso le ceneri della madre al largo. Per restituirla al vento e all’acqua. Simbolo della sua accettazione di lasciarla andare. Lo trovo bellissimo ma difficile da attuare per me. Facciamo un altro giro veloce. Considerazioni e risposte in merito a ciò che gli altri hanno condiviso. Poi il fuoco pian piano si spegne. Gli spiriti vogliono che chiudiamo il cerchio. L’ultimo fuoco è di M. Come è giusto che sia. Io penso che siamo vita e che stasera mi sento vivo per davvero, in mezzo a questa condivisione così profonda. E siamo vita solo grazie alla morte. “That sacred pipe of red stone could blow me out of this?”.
Le parole in inglese sono tratte da “The Power of Orange Knickers” by Tori Amos
Genova, 4 gennaio 2018.
2 commenti:
Straordinario. E' accaduto veramente o è un racconto? Credo che sia reale...
Per Sonia
Cara, è un racconto vero! Grazie, ti abbraccio
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