lunedì 30 agosto 2010

Prayer beside the sea


Closing my eyes, I’ve seen some horses
Running, running
Towards the sun

Outside my eyes, they are embracing
The sea, the sea
‘till to the sun

This is my prayer beside the sea

It’s a prayer just bearing in me, in me, in me
But it’s going outside to me, to me, to me
It’s the power of the sea
Something I cannot speak
And I can only sing


Into my mind, just for a moment
No plans, no plans
Can now be built

Into a wave, I find all senses
I need, I need
For all the life

This is my prayer beside the sea

It’s a prayer just bearing in me, in me, in me
But it’s going outside to me, to me, to me
It’s the power of the sea
Something I cannot speak
And I can only sing

And the last bath, it’s such a challenge
Because, because
Of the sunset

I’ve understood, the futility of
Every, every
Counting of the time

Punta Corvo (Montemarcello - Sp) - 25th August 2010

martedì 24 agosto 2010

Piena d'agosto


La Luna
piena d’agosto
mastica ricordi
e futuri presagi
con la stessa identica
indifferenza

Fra i cieli apuani
e il mare diamante
ricordo e dimentico
la vita

Luni Antica - Lunigiana - 24th August 2010

giovedì 19 agosto 2010

30



Summer wins always against me
As the wind can conquer the sea
‘cause she can take always what she needs
From my skin my bones my energy

And from today I am 30
There’s an hidden pleasure in this thing
Even if I’m frightened ‘cause I feel
I’ve my hands empty of certainty

And even if I’m 30
I’ll go on to dream
The words can become
Meat and blood

And even if I’m 30
I’ll go on to think
About me I am
More than blood

I would like to play as I’m a ‘teen
But my mind is so greatly heavy
30’s number of expectancy
With my past just screaming against me

And the future stings me like a bee
Asking things I couldn’t almost think
What about the thousand seeds
I have planted with all my beliefs?

And even if I’m 30
I’ll go on to dream
The words can become
Meat and blood

And even if I’m 30
I’ll go on to think
About me I am
More than blood


I am surfing now into my years
I admit the waves are as high as the peaks
Living on the present that’s an hill
From which I can see nothing but me

lunedì 16 agosto 2010

The land is now in good hands


I giganti di marmo a guardia del grande mare, sono stati sconfitti. Distrutti. Alle spalle la Garfagnana verde e selvaggia. Dinnanzi a me l’immensa e turpe devastazione. Nulla di umano nel modo in cui l’uomo ha scavato la montagna. Per soddisfare la sua triste cupidigia. Vedo i megaliti dell’età moderna. Blocchi di marmo enormi e perfettamente sezionati, senza remore alcuna. Il corpo bianco della montagna. Il suo tesoro custodito gelosamente. Strappato dalle sue viscere. Al posto dei verdi pascoli, soltanto distese di ghiaia bianca: il sangue prezioso della montagna che gronda dal suo capo ferito. L’imponenza dei blocchi e delle pareti tagliate mi ricorda gli antichi megaliti, templi dedicati alla maestosità della Natura. Il messaggio è esattamente l’opposto. Come la nostra civiltà è opposta a quella degli antichi. La sterile materialità moderna contro l’ispirata sacralità antica. Qualcosa mi lacera internamente davanti a queste cave. Il passo della Focolaccia non esiste quasi più. La nebbia mi preclude la vista del mare. Una nebbia strana, quasi fumo negli occhi. Per nascondere al cielo e alla vista tutta questa distruzione. Mi pare di essere su un altro pianeta. Appena dopo che un’oscura catastrofe ha eliminato la vita. Avrebbe potuto Aronte* predire anche tale irreparabile devastazione? Allora avrebbe davvero conosciuto l’inferno. “"you must admit the land is now in good hands - yes, time will tell”.

(Passo della Focolaccia – Alpi Apuane – 15 agosto 2010)

*Secondo la tradizione classica, Aronte è l’indovino etrusco che predisse la guerra tra Cesare e Pompeo e la sconfitta di quest’ultimo. Dante nella sua Commedia, ne stabilisce la dimora appunto sulle Alpi Apuane.

(XX Canto dell’Inferno v.v. 46 – 51)

“Aronta è quel ch’al ventre li s’atterga,
che ne’ monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese che di sotto alberga,

ebbe tra’ bianchi marmi la spelonca
per sua dimora; onde a guardare le stelle
e ’l mar non li era la veduta tronca”.

Le parti in inglese sono tratte da “Scarlet’s Walk” by Tori Amos

mercoledì 11 agosto 2010

Elgabìsh*


In questo tramonto alla rovescia
- est eretico in preghiera -
tra le foglie e gli sterpi dipinti
- veste di luce mi sorprende -
lacrime intime fino al cuore

“La Salvezza è il sonno puro
dell’ombra più bianca:
nell’ora in cui Luna scompare
il canto s’accende”

Non servono le stelle divampanti
- il cielo che piange il fuoco -
ma i pensieri come la grandine
- caduti dal cosmo sottile -
sull’anima insonne in attesa

(San Lorenzo 2010)
* in ebraico sta per “grandine” o per “pietra”

lunedì 9 agosto 2010

I can't put this day back


Ogni certezza si è dissolta in questi spiragli d’estate nascosti dalle nuvole. Vorrei non prestare attenzione alle voci del terrore. Che mi rimbombano nella testa e strisciano sulla mia pelle come serpenti. Vorrei essere più in alto. Ed osservare tutto con un distacco ineccepibile. Ma oggi è tutto così immensamente limpido, anche da qui. Dopo sei anni di giorni uguali fra loro, sotto l’ombra delle colonne di pietra, davanti alla Grande Piazza, ora sono qui. In questa prigione di cemento di nove piani che sfida il cielo con la sua indifferente bruttezza. Sono qui da poco più di un mese. Nella periferia nordica e desolata. Ma mi pare un secolo. Da quando il mio quotidiano è cambiato completamente. Diverso l’ambiente e diversi i visi delle persone. Meno sorrisi e meno incontri. In questa stanza troppo grande e sterile. Solo. Le promesse che mi hanno condotto qui si sono mostrate false. E i miei trent’anni che stanno sorgendo tra i giorni mi sembrano quelli di un adolescente che si è perso per strada. Io che non ho mai voluto parlare di lavoro. Perché non c’è poesia nel quotidiano dell’ufficio. Nei pensieri anoressici senza ispirazione. Ora mi trovo a confessare la mia frustrazione davanti a un me stesso attonito. La verità è che questa nuova avventura, di sfide e di compromessi, inizia già a stancarmi. E sento l’istinto di coprirmi col cappuccio del passato per la paura del futuro. “On my way up north up on the ventura I pulled back the hood”. Forse non avrei dovuto accettare questo cambiamento, radicale e insicuro come un salto nel vuoto. Forse non dopo un anno in cui già tutto era cambiato. E mentre confesso me stesso nel silenzio pomeridiano dell’estate cittadina, sento di nuovo la voglia di piangere. Nell’assurdo rimpianto di un passato in chiaroscuro, ma denso di certezze. “And I'm so sad like a good book, I can't put this day back”.

Le parti in inglese sono tratte da “A sorta fairytale” by Tori Amos

giovedì 5 agosto 2010

Din*

L’estate evapora lenta
sulla mia pelle disillusa
sospesa nelle nostalgie
indifferenti assassine

Quello che non è stato mio
sarà l’abbraccio indecente
del rimorso metafisico
che avvelena il presente

La pioggia conserva paziente
nelle sue lacrime fossili
sussurri delle passate ere
come testimoni risorti

Non esisterà un segmento
di separazione palese
fra cielo-visione del futuro
e terra-utero del passato

* in ebraico, “Din” significa semplicemente “giudizio”
** nella foto: arrivo al Monte Megiddo (O “Armageddon”: il luogo dove, secondo la tradizione biblica e talmudica, ci sarà lo scontro finale fra bene e male, prima del Giudizio Universale) dalla Galilea (Israel)

lunedì 2 agosto 2010

Fires of Lughnasadh*


In the circle I lit the fires of Lughnasadh
I’ve no harvest in my hands and I’m the father
Of the change and of the fear
Of the flames and the tears
My sons

In the circle I lit the fires of Lughnasadh
There is nothing but I know there is another
Life to live without a plan
Place to see without a land
To walk on

My harvest for today
Is to admit the change
It hasn’t yet killed me
And I’m still standing on my feet

And I am still alive
Or may be I’m obliged
To breath again the air from
The sky composed by clouds and thoughts


In the circle I lit the fires of Lughnasadh
It seems to me that I’m a sort of younger brother
That wants to know ‘bout everything
But doesn’t know still how to live
To grow

In the circle I lit the fires of Lughnasadh
While I’m thinking of connections with Kabala
Tree of Life it is for me
A new lesson full of gifts
Of gold

My harvest for today
Is to admit the change
It hasn’t yet killed me
And I’m still standing on my feet

And I am still alive
Or may be I’m obliged
To breath again the air from
The sky composed by clouds and thoughts

*Nel calendario esoterico celtico la notte fra la fine di luglio e l’inizio di agosto corrisponde alla festa di Lughnasadh, la festa del raccolto.