domenica 16 luglio 2023

Am I worthy?

 

La luce è sempre uguale dietro queste sbarre. Di metallo, elettriche, impersonali, asettiche. La finestra è senza maniglia. Troppi suicidi, dicono. Ho intuito il nord ovest ma non ne sono certo. Le mattine si confondono con i pomeriggi da quando sono qua. Il tempo è scandito dalle flebo e dai pasti maleodoranti. Se inizialmente mi pareva di essermi addormentato e di vivere in un incubo poi, col passare dei giorni, ho iniziato a pensare che tutto il mondo al di fuori di qui non esista più. Come fosse un ricordo, nemmeno troppo vicino. Ho iniziato a riflettere sulla straordinaria fragilità e l'immensa precarietà della condizione umana. Sono queste le principali caratteristiche che ci rendono ciò che siamo? Che fanno di noi esseri umani? Il tempo del dolore rende soli ed estremamente consapevoli. Comprendiamo che tutte le nostre costruzioni, su cui basiamo la personalità che ci contraddistingue, sono soltanto mucchi di sabbia in attesa del primo vento abbastanza forte per spazzarle via. E allora perché costruire qualcosa se è tutto così effimero? Eppure ci adattiamo e lottiamo contro questo dolore. Crediamo di uscirne sempre e comunque. Per ricominciare a edificare qualcosa di nuovo sulle rovine. Da dove viene questa spinta? La notte in ospedale è il momento più brutto. Una flebo ogni tre ore non consente di dormire e spegnersi. E allora nella penombra, si attivano gli altri sensi. In particolare l'udito. Si ascolta il dolore degli altri: respiri affannosi, urla, campanelli d'allarme. Poi ci si tappa le orecchie per mettere in primo piano soltanto il proprio dolore. Mi dicono che fuori fa molto caldo. Qui ho tanto freddo. La prima notte pensavo di congelare. Mi hanno dato un panno ma continuavo a tremare come fossi stato nudo in mezzo a una tormenta di neve. Ci si sente impotenti e come ostaggio di una maledizione. Sarò degno di uscire da qui? Sarò guerriero o vittima? "Wyman, am I worthy? Speak your wordle to me...". 

Le parti in inglese sono tratte da "Prayer at the gate" di P.J. Harvey

Nessun commento: