Stasera San Giovanni in Monte, sotto questa pioggia battente e senza tregua, mi fa pensare agli antichi monasteri medievali che qui a Bologna, un po’ come in tutta Europa, hanno formato una cultura secolare e straordinaria. Dopo le cinque, le lezioni, qui, nel cuore del dipartimento universitario di storia culture e civiltà, sono ormai poche e tra le aule attorno al chiostro centrale del piano terra si diffonde un certo silenzio. Sento le parole disperdersi negli spazi antichi, tra i colonnati e le ampie scale che salgono al piano superiore. Intravedo, oltre i vetri delle porte, i ragazzi prendere appunti, intenti ad ascoltare racconti provenienti da ogni parte del globo e a fissarli sui propri taccuini, esattamente come i monaci di tanti secoli fa. Tutto è cambiato eppure nulla cambia davvero in certi luoghi. Al primo piano, la biblioteca è un intrico di scaffali, tra i quali in silenzio i ragazzi cercano di comprendere cosa potrebbe diventare il loro futuro. In questi ambienti dagli alti soffitti a volte, la luce non è mai troppo forte, né troppo debole. Io osservo la mia immagine riflessa su una gigantesca pozzanghera, proprio accanto alla porta di uscita. Sono orgoglioso di essere qui, mi sento parte di una cultura millenaria; ma mi sento anche fuori posto, come se, in fondo, tutto ciò fosse inutile. Tramandare la conoscenza e cercare di conoscere quante più visioni del mondo possibili, rende un uomo migliore? Eppure mi ferisce il qualunquismo di chi parla senza sapere. E solo la conoscenza è in grado di difendere la dignità dell’essere umano. Quando smetterò di venire qui, mi ricorderò di questa serata. Una perla di luce in un mare nero. Mentre tutto intorno la pioggia annega questa città millenaria. “Now Sophia, I'm wounded by dust”.
Bologna, 8 marzo 2015
La parti in inglese sono tratte da “Sophia” di Laura Marling
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