Da quassù la pianura sembra lontanissima. Un altro mondo. Che quasi mi sembra di percepire l'antico confine, ancestrale punto di separazione fra l'antico popolo dei friniati e i romani. I boschi sacri e selvaggi contro l'ordine elevato a divinità. Lontana come quel tempo. Lontana come il profumo dolciastro dei caffè di Teheran, alla deriva da questo occidente impazzito. Lontana come il profumo di quella carta con cui venivano foderate le mensole delle credenze, nella casa in montagna. Che ogni tanto mi torna alla mente. Lontana come sono io da me stesso in questo periodo. Non so chi sono e dove sto andando. E a volte, mentre corro e il sudore mi fa piangere le sopracciglia, mi pare perfetto così. Lontana come mia sorella, sangue e viso come i miei, eppure separata da me da secoli di pensieri opposti. Vorrei tornare verso me stesso. Ma non ne conosco più la direzione. Vorrei almeno dire di averci provato. Diminuire questa immensa lontananza. Tra me e il luogo a cui appartengo. “Say you tried, take it back To where you belong”. Eppure sembra così vicino quel passato durante il quale, per tornare alle nostre case, così immensamente piene di solitudine, attraversavamo quei campi verdissimi. Ed eravamo davvero a casa. “We saw the green fields Turn into homes Such lonely homes”.
Le parti inglese sono tratte da “Last song” (Damon Albarn / Marianne Faithfull)
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