Misuro la vita trascorsa nell’ultimo anno con il contagocce dei pensieri. Lascio cadere ogni goccia sul pavimento di legno chiaro e la osservo espandersi e scomparire. Il tempo è in fondo questo, un elenco di numeri a cui noi vogliamo dare un senso per sopravvivere. Quel senso che ci permette di vederci nascere, crescere e morire. È stato un anno di rinuncia e solitudine voluta. Un anno ci fragilità e forza. Un anno di addio e di morte. Eppure anche un anno di gratitudine immensa. Sono grato a me stesso per essere ancora in piedi e a tutti coloro che mi hanno sorretto. Ma anche a tutti quelli che ho dovuto sorreggere cercando la forza residua che non pensavo di avere. Grazie al terrore del fallimento che mi porto dentro ad ogni passo e che mi ha scorticato l’anima così tante volte da renderne la pelle trasparente. Sono grato alla logica spietata della mia mente, la sua consequenzialità che scompone ogni piccolo respiro in mille mondi da esplorare. Grazie alla provvidenza, divina o umana che sia, che mi impedisce di scivolare all’ultimo istante, quando già distinguo bene il fondo del precipizio. Sono grato alla sapienza ebraica e a quella dei saggi druidi, la mia India interiore, il mio faro nel buio che mi permette di intravedere la fede, di pensare all’eternità senza piangere per la mia miseria umana. Grazie al nulla che in certe serate mi divora il cuore in morsi scarlatti, perché mi aiuta a sentirmi pieno con soltanto piccoli sorsi di vita. Sono grato al silenzio con cui si chiude questo anno, da cui ogni nota e ogni ispirazione germogliano. “Thank you India, thank you terror, thank you disillusionment. Thank you frailty, thank you consequence, thank you, thank you silence…thank you providence... Thank you nothingness, thank you clarity..”. Ma soprattutto sono grato alla disillusione che quest’anno mi ha reso nuovo e consapevole del mio essere: solo conoscendo il poco che si è, si può partire per ricostruirsi. Grazie. Buon 2013 a tutti.
Le parti in inglese sono tratte da “Thank U” di Alanis Morissette.