mercoledì 29 dicembre 2010

Consolazione


La pioggia insiste ancora
nel raccontarmi storie
mimandole sorde
con le sue mani bianche

e spezzo questa vita nuova
come vento dell’ovest
con denti feroci
di ricordo armati

io ti prego di non smettere
di mentire cinico
al figlio suicida
del mio ego esploso

ma nello specchio i miei occhi
mondi post-atomici
di inconsistenza
disarmano la voce

cerco la mia consolazione
nel tempo che albeggia
terra d’origine
porto cui approdare

---
Cosa cercare nel nuovo anno se non Consolazione? Vi auguro un tempo nuovo in cui asciugare le lacrime al vento e affondare radici in un terreno nuovo e antico, come l’anima. Un abbraccio. Daniel

sabato 25 dicembre 2010

Regarde qu'est-ce que


La neige n’a couvert
Pas de larmes aujourd’hui
Je pense tout le monde
De Noël ne souviens plus

La pluie m’étouffe et je suis seulement une ombre
De qui j’ai cru d’être dans les années expirés

Je vois tout le vide
La vie a laissé avec moi
La chaise est vacant
Est mon cœur est encore froid

Le liberté est voir l’intérieur étreinte
Ce qui est le sens je voudrais donner à Noël

Regarde qu'est-ce que j’ai tué dans ces temps
Regarde qu'est-ce que j’ai découvert parmi moi et toi
Regarde parce que aujourd’hui j’ai la fièvre
J’ai perdu chaque jour un peu de chances


Je vois avec tristesse
toutes les maisons de la rue
Elles sont colorées
Avec des couleurs si fausse

Le Noël est le Diable pour ces qui ont vrais couleurs
Si que mes prières sont pour poètes et mères

Regarde qu'est-ce que j’ai tué dans le temps
Regarde qu'est-ce que j’ai découvert parmi moi et toi
Regarde parce que aujourd’hui j’ai la fièvre
J’ai perdu chaque jour un peu de chances

giovedì 23 dicembre 2010

Yeled *



Solstizio di luce sconfitta
e delle speranze risorte
crocifissa la luna nel cielo
oltre il nero oceano

Con le mie unghie ho scavato
il ventre pietroso della vita
ed ho raccolto la polvere
sacrosanta del cambiamento

E dentro la notte più lunga
dei secoli ormai passati
ho udito il pianto sommesso
del bambino della nuova luce

* “Yeled” singnifica “bambino” in ebraico. Il bambino “viene sempre alla luce” nel senso che viene dal buio del ventre materno. Ed è esattamente quello che accade nel ciclo della Terra durante questo momento così particolare: il Solstizio di Inverno. La luce nuova nasce nel momento di maggiore buio. Come succede a noi: il cambiamento avviene quando non abbiamo più speranza di cambiare. Questa volta abbiamo avuto un Solstizio di inverno molto particolare: la notte più lunga dell’anno ha coinciso con la Luna Piena e con un Eclissi totale (Non visibile in Italia ma in America). Cosa ha portato ciò? Abbiamo avuto la notte più buia da più di trecento anni. E se dal buio nasce sempre la luce, non ci rimane che attenderci un’alba incredibile. Vi auguro un inverno di luce nuova. Siate bambini!

giovedì 16 dicembre 2010

Galleggia la vita


Sulla morte galleggia la vita
come sangue nell’acqua più pura
spirali lente di fumo rosso
che tingono di gioia il nulla

Basta un soffio per rinascere
e una scintilla per sparire
noi: fragili come la bellezza
inconsistente della marea

lunedì 13 dicembre 2010

Dolore purissimo


Non ci sono le parole giuste
nemmeno il cielo le conosce
e neppure queste rose bianche
create da Satana nel Negev*
sanno descrivere il colore
di questo dolore purissimo

Forse un giorno un nuovo sole
saprà illuminare di nuovo
i nostri sorrisi di diamante

E sarà un sorriso unico.
Il nostro sorriso di anima.


*Il deserto del Neghev (in ebraico בנגב, "Negev") è una regione che si trova nella parte meridionale dello stato d'Israele

Nella foto: un tramonto sul Deserto del Neghev

giovedì 9 dicembre 2010

Lenzuola viola


Tra le tue lenzuola viola
fradice di gioia nuova
ho visto i denti aguzzi
di uno sciacallo sazio
accanto ai grandi occhi
grondanti d’acerbo miele

Vorrei sentire quei denti
strapparmi l’aride labbra
e leccare la dolcezza
con l’anoressica lingua
del mio cuore riciclato

L’antidoto silenzioso
del tempo disincarnato
rende i raggi del sole
cumuli di calcinacci

Nell'umiliazione buia
tra i sussurri notturni
la mia rivincita bianca

8 settembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

Chanukkà *


L’ultima luce
delle 8 sorelle
preghiere di lacrime
che lavano i sentieri
vetrosi dell’inverno
e intonano canti
per i pochi cuori
che ancora ascoltano
il silenzio del cosmo

Come promesse mai proferite
come gli occhi di un bambino
che silenziosi ci osservano
dal cielo di madreperla

La luce è l'essenza della bellezza.


*Termina oggi la festa ebraica di Chanukkà ( = “Inaugurazione”: dedicata alla consacrazione di un nuovo altare nell’ultimo Tempio di Gerusalemme dopo la regalata libertà) che dura otto giorni, la sera di ognuno dei quali si accende una luce (lampada, candela; ecc)con determinate preghiere. Si chiama anche Chàg Haneròth (festa dei lumi) o Chàg Haurìm (festa delle luci). La lampada di Chanukkà è formata da otto lumi che devono essere tutti in fila, più uno, a sé stante, che è chiamato shammàsh (servitore); questo serve non solo per accendere tutti gli altri, ma anche per dare una luce in più di cui si può usufruire. Infatti, nell’accendere la lampada, si recita "Questi lumi sono sacri e non ci è permesso di servircene ma solo di guardarli, al fine di rendere omaggio al Signore per i miracoli e i prodigi e le vittorie da Lui operate".

giovedì 25 novembre 2010

Before the snow


Prima che inizi di nuovo a scendere la neve. Prima che l’oriente si dipinga di bianco per partorire l’inverno. Vorrei dirti che mi manchi. Che mi manca la mia vita. Quella che esiste solo appena prima di diventare reale. La forma che ancora non è sostanza. Ma solo divenire. Una congettura amara come una nespola acerba rimasta congelata sull’albero. Qui rimango solo io ad attendere la neve. E la mia figura nello specchio. Con gli occhi spenti e sempre umidi. Con le mie mani, campi di sangue disperso che non sanno trovare la strada verso Dio. In questi giorni scanditi da preghiere mozzate le mie domande sono orfane disperate in attesa di diventare adulte senza avere ancora un nome. Solo tu potresti rispondere. Ma il tuo silenzio è ormai il mio. E lo celebreremo insieme. Con la neve che sta arrivando a soffocare l’autunno. “Tutto inizia invecchia cambia forma l'amore tutto si trasforma, persino il dolore più atroce si addomestica”.

La frase tra virgolette è tratta da “Guarda l’alba” di Carmen Consoli

martedì 23 novembre 2010

Silence from my head


They want my death oh will they obtain me?
They want my end oh will they reach it?
They’re stealing all my silence from my head
They’re saying I am nothing but a lad

They want to kill my vitality
Will they be able to erase me?
They’re stopping all the wind with frozen tears
They’re building up reality through fear

Somebody loves to create a sick world
In which to grow as an anxious robot
Where all the heroes are in heaven
‘cause they cannot eat the sadness

I’m waiting a new raising of gold
May be it’s a dream or a messianic hope
But I refuse to live like that
Life can’t be only remembered

Some morning it is so hard to bet
You will find along the day a good breath
So I can only watch my empty hands
And think about all my killers – friends

And when I see their bad face again
I bleed but also I think I am
So different and distant from their brand
That means the life and the soul to sell

Somebody loves to create a sick world
In which to grow as an anxious robot
Where all the heroes are in heaven
‘cause they cannot eat the sadness

I’m waiting for a new raising of gold
May be it’s a dream or a messianic hope
But I refuse to live like that
Life can’t be only remembered

They want my death oh will they obtain me?
I hope to gain some life to be free

lunedì 22 novembre 2010

Psicadelico


Il nulla indica
percorsi nel buio
già psicadelico

Mattonelle nere
ingorde di caos

Sui muscoli il sangue
disegna splendide
parvenza d’estate

Coscienza istintiva
del nome segreto

Non posso ch’attendere
l’esplosione nuova:
sarà la fine, l’inizio, la vita.

domenica 7 novembre 2010

First days of November


First days of November
The Atlantic wind
Is blowing outside my fear

The energy coming
From the new year
Is trying to dry my tears

I have to chose my future ‘cause I am become a man
And the time can be seen as an old friend

Yes in this cold age
That we call “modern”
We cannot see the Gods’ hands

May be they are hidden
In somewhere behind
Where we can’t use our eyes

But we have crumbles of God just inside our essence
On our immortality we bet

And I’ve seen some bugs
Who are resurrecting
As autumn means just new life

No matter if they
Are faking the rays
Of this sun veiled by the rain

And perhaps the seasons are just books to be read
Do we start from beginning or from end?

sabato 6 novembre 2010

When did the light die You will rise


L’ultima volta in cui ti ho vista è stato pochi giorni fa. Stavi rannicchiata su una sedia come spesso facevi in questi giorni di inizio anno mentre i primi freddi incombono feroci. Mi osservavi un po’ distratta ma con la solita aria famigliare che scalda il cuore sbattuto dal vento degli eventi. Ti sono così grato per non avermi abbandonato. Per passare ancora così frequentemente nei miei sogni, anche se oggi sono passati due anni da quando te ne sei andata. Almeno da questa dimensione. Per entrare in un’altra dimensione che non so definire. E da là sai scendere nei miei sogni ogni volta che vuoi e mi permetti di sentire meno la tua mancanza. Così continua la nostra simbiosi durata quasi vent’anni. Da cui continuo a raccogliere immagini tra le stagioni e le età della mia vita. “I'll remember it…And sitting in the long grass in summer keeping warm. I'll remember it every restless night”. A volte penso che sarebbe stato bello congelare uno di quei momenti e renderlo eterno. Ma tu hai dovuto proseguire il tuo cammino e io non so dove sto andando davvero. “Then we moved stolen from our very eyes and I wondered where you went to”. Oggi in questa giornata di nuvole basse e pensieri confusi, mi sembra di vederti giocare tra le foglie del cortile, gialle e rosse, mentre fai il solletico all’autunno con le tue zampe felpate. Ma non ci sei. Vorrei ritornassi, lo vorrei con una feroce intensità. Ma so che ritornerai ancora nei miei sogni. Dove sei fenice capace di risorgere ogni volta in cui lo desideri. “Tell me when did the light die You will rise You'll return The phoenix from the flame You will learn You will rise You'll return”. E pensando a te oggi mi viene in mente Bastet, la dea - gatta egizia, tra i custodi del regno dei morti. Le cui raffigurazioni ti assomigliano così tanto. Ora che tu sei divenuta la custode del mio mondo onirico. Sei la mia dea dei sogni.

Le parti in inglese sono tratte da “Troy” by Sinead O’Connor

martedì 2 novembre 2010

2 novembre


No non serve questo giorno
per ricordarti ancora
non serve salire mesti
questa sacra via impervia
tra la nebbia e la pioggia
che soffocano il sole

Il tuo ricordo dolce
è in ogni lacrima
ch’allaga il mio cuore
la tua voce limpida
è in ogni sorriso
dipinto sul mio volto

Tu sei la mia religione.

sabato 30 ottobre 2010

Revelation


Revelation we’re waiting for you
While this new end is becoming true
The Otherworld is opening
Its doors in the dark night
And we’re becoming seeds, children and poets..

I remember the ancient time
Thinking of the reason why I cry
Will my father let me know?
Or anyone of them?
How much God can make people divine!

To this God I will pray tonight
The One able with the wings to fly
And to catch me in the dark Land
Vast as the great desert
And to guide me in a new sky with His hands!

Under that sky I could be so mighty
Nourished by the presents of the country
And I could suck the honey
From the rocks and the stones
And the blood from the vineyard I could drink!

God can break the barriers for tonight
As it was and will be ever right
So that the living can
Meet with the dead again
While the new cycle bears into the Land.

lunedì 18 ottobre 2010

Scalzo


Il cielo invecchia
in queste sere scalze:
sorrisi di latte
riflessi ancora
su specchi contorti

(Ti comprerò dei rovi sterili
- senza bacche -
e osserverò il tuo viso
sanguinare di spine
Ma tu
come un antico dio
piangerai pioggia
e le mie lacrime
cadranno
anche per te)

Celebro il nulla
di questi giorni:
acciaio folle
schiantato sul sole

L'anno cade
accanto al fumo
appassito del giorno

Nella foto: nebbia su Gerusalemme

sabato 16 ottobre 2010

Source


Crimson like the sky
Before the sunset
Is my need you

And I’ve got my hands
Full of fire
When I think of you

It’s not a shame to admit
I am loving you
Since before I born

And to stop to bleed
I’ll embrace you
My blood to you owns

You are my only source

Through green guitars and crumbles
I will find you somewhere else
When I’ll have lost all miracles and friends

Yes on a beach I’ll meet you
Over me your perfumed breath
And in a moment I’ll reach my true Land

Now that I am
Without you
I am in the fog

I collect my tears
Inside to
All the dreams I’ve got

No need yes to say
Your name
Everyone can know

‘cause inside your flame
Every shade
Can burn in a blow

You are the only source

Through green guitars and crumbles
I will find you somewhere else
When I’ll have lost all miracles and friends

Yes on a beach I’ll meet you
Over me your perfumed breath
And in a moment I’ll reach my true Land

giovedì 7 ottobre 2010

It was the wicked and wild wind


Lo scirocco è arrivato dal sud e ha spostato il tempo. All’indietro come le nuvole che fuggono davanti a un nuovo sole. Come se l’autunno fosse fuggito altrove. Come vorrei fare io. Vorrei svegliarmi sotto un cielo vergine ma antico. Sentire le campane di Gerusalemme suonare a festa. Come sarà alla fine dei tempi? “I hear Jerusalem bells are ringing, Roman Cavalry choirs are singing”. Questo vento stregato trasforma i miei pensieri e li fa evaporare verso l’alto. Nei miei occhi spalancati leggo la paura del momento in cui mi pioveranno di nuovo addosso. Ma per ora assaporo questo alito profumato che mi trasforma in chi non sarò mai. Ancora una volta. “It was the wicked and wild wind blew down the doors to let me in, shattered windows and the sound of drums people could not believe what I’d become”. E cosa è Dio se non lo stesso accadere degli eventi? E pregare non è altro che lasciarli scorrere. Come fa questo vento tiepido.

Le parti in inglese sono tratte da “Viva la Vida” by Coldplay
Nella foto: tramonto sulla città vecchia di Gerusalemme

mercoledì 29 settembre 2010

Tehomn *


Notte: binari fradici
(Dio può piangere su questo acciaio maledetto?)
Gocce oblique sul vetro
(può dunque il mondo capovolgersi davvero?)

ritorno da te
come se nulla
fosse successo

Non mi basta la promessa
d’una mia Palestina
per salvare il mio viso
dal più profondo abisso

* “Abisso” in lingua ebraica

domenica 26 settembre 2010

Ultimo


L’ultimo mare accoglie
i miei stanchi abbracci
naufrago stupito
di cristalli secchi

L’ultimo sole grida
i pensieri muti
sull’estuario cupo
dell’autunno nuovo

(L’ovest perfetto
taglia il tempo
cesoia nel cuore
di già gelido)

L’assenza è cera
rovente sugli occhi.
L’ultima eternità:
il mare tenta ancora
di toccare il sole

lunedì 20 settembre 2010

The last sheaf of the Land


Lookin’at my face, I’ve seen some changes
May be the autumn light, that everything could change

May be I’m afraid to keep my chances
In the same way I kept till now

The last sheaf of the Land in my hands
While my soul is losing its fertility

There’s a special pain but also some joy
In this turning point of identity

Autumn is the thanksgiving to me
The dimension to return


Where is the summer gone?
Where is the summer?
I feel I am alone
Without its power

And I can’t lie towards my soul
While the sun’s going into the dark womb

While the autumn grows into my eyes too
And the butterflies are dying in my room

Wind of autumn knocks at the doors of the blue
All we have to do is to open to the truth

Autumn is the thanksgiving to me
The dimension to return


Where is the summer gone?
Where is the summer?
I feel I am alone
Without its power

And I can’t lie towards my soul
While the sun’s going into the dark womb


Alban Elfed 2010

mercoledì 15 settembre 2010

Polvere di polvere


Dopo la pioggia
il cielo si specchia sempre
vanitoso d’infinito

E questo sole
d’estate agonizzante
sbiadisce il tuo sorriso

Cosa rimane
tra i miei respiri stanchi
e il mio ricordo di te?

Resti ancora
nel diluvio dei pensieri
in ogni istante di me

Come se fossi
la presenza incombente
tra la mia essenza e Dio

(sono polvere
della tua sacra polvere:
la luce riflessa di te)

domenica 12 settembre 2010

Rosh ha-Shannà


E così siamo nel nuovo anno, secondo la tradizione ebraica. Soltanto qualche giorno fa, luna nuova di settembre, era l’inizio del Rosh ha-Shannà, due giorni di preghiera intesa, al culmine della quale viene suonato lo shofar, il corno d’ariete il cui suono segnala i momenti-picco della vita. E mi interrogo su questa necessità umana impellente di trovare punti di inizio e di fine. Per rivalutare tutto da capo, continuamente. Una necessità che sento forte dentro di me, anche se non mi è chiara la sua origine. È come un processo continuo di autovalutazione in cui si cerca di trovare una spiegazione al cambiamento e di potere individuare cosa sia effettivamente cambiato in noi. Per dirlo secondo la tradizione cabalistica, che affonda le sue profonde radici nell’ebraismo, si cerca di unire Conoscenza e Vita per risolvere la dualità da cui l’umanità è perseguitata: comprendere come trovare Vita nella Conoscenza e Conoscenza nella Vita. Eppure in tutti i momenti di passaggio mi sento sempre così imperfetto e lontanissimo da questo equilibrio che penso possibile ma altrettanto inaccessibile alla mia persona. Come se mi mancasse la lezione fondamentale per capire. “Lesson in survival spinning out on turns that gets you tough, Guru books-the Bible only a reminder that you're just not good enough”. E penso a tutte le certezze perse lungo la strada e a come esse sbiadiscano dinnanzi a questo sole d’autunno così ferocemente delicato e malinconico. “You need to believe in something once I could in our love, black road, double yellow line. friends and kin, campers in the kitchen. That's fine sometimes but I know my needs my sweet tumbleweed, I need more quiet times by a river flowing…and the sun going down”. E penso che forse questa ricerca di sacro che attanaglia il mio presente e il mio passato, altro non sia che la ricerca di una dimensione perduta e mai più raggiunta. Forse occorre solo lasciarsi andare lungo questo fiume del tempo che ci scorre davanti e verso cui opponiamo inutilmente resistenza. Accettare la vita senza pretendere di conoscerla. E raccogliere i frutti dolci della nostra assoluta imperfezione. In ogni caso “Shannà tovà” (buon anno) a tutti.
Le parti in inglese sono tratte da “Lesson in survival” by Joni Mitchell

domenica 5 settembre 2010

Diaspora


Attraverso i confini:
sono ebreo cristiano ateo
sono specchio agnostico
su cui Dio si riflette

Oltre la parete d’edera
le sette fiamme brillano
senza memoria alcuna

5 settembre 2010 – Giornata Europea della cultura ebraica

mercoledì 1 settembre 2010

Pargod *


Scale bianche sui muri
stupiti di sole
l’acqua dipinge il mio mondo
di respiri folti.

Settembre rinasce nel sogno
mistico adolescente
davanti ai gradini
che sfiorano il cielo.

* In ebraico è una delle parole che sta per “cielo”. Nello specifico secondo la tradizione talmudica il cielo è considerato come diviso da diverse cortine, che portano nomi diversi. Da “dietro la cortina” “Pargod” si può osservare il mondo dall’esterno scoprendo quali sono le cose che stanno per accadere.

lunedì 30 agosto 2010

Prayer beside the sea


Closing my eyes, I’ve seen some horses
Running, running
Towards the sun

Outside my eyes, they are embracing
The sea, the sea
‘till to the sun

This is my prayer beside the sea

It’s a prayer just bearing in me, in me, in me
But it’s going outside to me, to me, to me
It’s the power of the sea
Something I cannot speak
And I can only sing


Into my mind, just for a moment
No plans, no plans
Can now be built

Into a wave, I find all senses
I need, I need
For all the life

This is my prayer beside the sea

It’s a prayer just bearing in me, in me, in me
But it’s going outside to me, to me, to me
It’s the power of the sea
Something I cannot speak
And I can only sing

And the last bath, it’s such a challenge
Because, because
Of the sunset

I’ve understood, the futility of
Every, every
Counting of the time

Punta Corvo (Montemarcello - Sp) - 25th August 2010

martedì 24 agosto 2010

Piena d'agosto


La Luna
piena d’agosto
mastica ricordi
e futuri presagi
con la stessa identica
indifferenza

Fra i cieli apuani
e il mare diamante
ricordo e dimentico
la vita

Luni Antica - Lunigiana - 24th August 2010

giovedì 19 agosto 2010

30



Summer wins always against me
As the wind can conquer the sea
‘cause she can take always what she needs
From my skin my bones my energy

And from today I am 30
There’s an hidden pleasure in this thing
Even if I’m frightened ‘cause I feel
I’ve my hands empty of certainty

And even if I’m 30
I’ll go on to dream
The words can become
Meat and blood

And even if I’m 30
I’ll go on to think
About me I am
More than blood

I would like to play as I’m a ‘teen
But my mind is so greatly heavy
30’s number of expectancy
With my past just screaming against me

And the future stings me like a bee
Asking things I couldn’t almost think
What about the thousand seeds
I have planted with all my beliefs?

And even if I’m 30
I’ll go on to dream
The words can become
Meat and blood

And even if I’m 30
I’ll go on to think
About me I am
More than blood


I am surfing now into my years
I admit the waves are as high as the peaks
Living on the present that’s an hill
From which I can see nothing but me

lunedì 16 agosto 2010

The land is now in good hands


I giganti di marmo a guardia del grande mare, sono stati sconfitti. Distrutti. Alle spalle la Garfagnana verde e selvaggia. Dinnanzi a me l’immensa e turpe devastazione. Nulla di umano nel modo in cui l’uomo ha scavato la montagna. Per soddisfare la sua triste cupidigia. Vedo i megaliti dell’età moderna. Blocchi di marmo enormi e perfettamente sezionati, senza remore alcuna. Il corpo bianco della montagna. Il suo tesoro custodito gelosamente. Strappato dalle sue viscere. Al posto dei verdi pascoli, soltanto distese di ghiaia bianca: il sangue prezioso della montagna che gronda dal suo capo ferito. L’imponenza dei blocchi e delle pareti tagliate mi ricorda gli antichi megaliti, templi dedicati alla maestosità della Natura. Il messaggio è esattamente l’opposto. Come la nostra civiltà è opposta a quella degli antichi. La sterile materialità moderna contro l’ispirata sacralità antica. Qualcosa mi lacera internamente davanti a queste cave. Il passo della Focolaccia non esiste quasi più. La nebbia mi preclude la vista del mare. Una nebbia strana, quasi fumo negli occhi. Per nascondere al cielo e alla vista tutta questa distruzione. Mi pare di essere su un altro pianeta. Appena dopo che un’oscura catastrofe ha eliminato la vita. Avrebbe potuto Aronte* predire anche tale irreparabile devastazione? Allora avrebbe davvero conosciuto l’inferno. “"you must admit the land is now in good hands - yes, time will tell”.

(Passo della Focolaccia – Alpi Apuane – 15 agosto 2010)

*Secondo la tradizione classica, Aronte è l’indovino etrusco che predisse la guerra tra Cesare e Pompeo e la sconfitta di quest’ultimo. Dante nella sua Commedia, ne stabilisce la dimora appunto sulle Alpi Apuane.

(XX Canto dell’Inferno v.v. 46 – 51)

“Aronta è quel ch’al ventre li s’atterga,
che ne’ monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese che di sotto alberga,

ebbe tra’ bianchi marmi la spelonca
per sua dimora; onde a guardare le stelle
e ’l mar non li era la veduta tronca”.

Le parti in inglese sono tratte da “Scarlet’s Walk” by Tori Amos

mercoledì 11 agosto 2010

Elgabìsh*


In questo tramonto alla rovescia
- est eretico in preghiera -
tra le foglie e gli sterpi dipinti
- veste di luce mi sorprende -
lacrime intime fino al cuore

“La Salvezza è il sonno puro
dell’ombra più bianca:
nell’ora in cui Luna scompare
il canto s’accende”

Non servono le stelle divampanti
- il cielo che piange il fuoco -
ma i pensieri come la grandine
- caduti dal cosmo sottile -
sull’anima insonne in attesa

(San Lorenzo 2010)
* in ebraico sta per “grandine” o per “pietra”

lunedì 9 agosto 2010

I can't put this day back


Ogni certezza si è dissolta in questi spiragli d’estate nascosti dalle nuvole. Vorrei non prestare attenzione alle voci del terrore. Che mi rimbombano nella testa e strisciano sulla mia pelle come serpenti. Vorrei essere più in alto. Ed osservare tutto con un distacco ineccepibile. Ma oggi è tutto così immensamente limpido, anche da qui. Dopo sei anni di giorni uguali fra loro, sotto l’ombra delle colonne di pietra, davanti alla Grande Piazza, ora sono qui. In questa prigione di cemento di nove piani che sfida il cielo con la sua indifferente bruttezza. Sono qui da poco più di un mese. Nella periferia nordica e desolata. Ma mi pare un secolo. Da quando il mio quotidiano è cambiato completamente. Diverso l’ambiente e diversi i visi delle persone. Meno sorrisi e meno incontri. In questa stanza troppo grande e sterile. Solo. Le promesse che mi hanno condotto qui si sono mostrate false. E i miei trent’anni che stanno sorgendo tra i giorni mi sembrano quelli di un adolescente che si è perso per strada. Io che non ho mai voluto parlare di lavoro. Perché non c’è poesia nel quotidiano dell’ufficio. Nei pensieri anoressici senza ispirazione. Ora mi trovo a confessare la mia frustrazione davanti a un me stesso attonito. La verità è che questa nuova avventura, di sfide e di compromessi, inizia già a stancarmi. E sento l’istinto di coprirmi col cappuccio del passato per la paura del futuro. “On my way up north up on the ventura I pulled back the hood”. Forse non avrei dovuto accettare questo cambiamento, radicale e insicuro come un salto nel vuoto. Forse non dopo un anno in cui già tutto era cambiato. E mentre confesso me stesso nel silenzio pomeridiano dell’estate cittadina, sento di nuovo la voglia di piangere. Nell’assurdo rimpianto di un passato in chiaroscuro, ma denso di certezze. “And I'm so sad like a good book, I can't put this day back”.

Le parti in inglese sono tratte da “A sorta fairytale” by Tori Amos

giovedì 5 agosto 2010

Din*

L’estate evapora lenta
sulla mia pelle disillusa
sospesa nelle nostalgie
indifferenti assassine

Quello che non è stato mio
sarà l’abbraccio indecente
del rimorso metafisico
che avvelena il presente

La pioggia conserva paziente
nelle sue lacrime fossili
sussurri delle passate ere
come testimoni risorti

Non esisterà un segmento
di separazione palese
fra cielo-visione del futuro
e terra-utero del passato

* in ebraico, “Din” significa semplicemente “giudizio”
** nella foto: arrivo al Monte Megiddo (O “Armageddon”: il luogo dove, secondo la tradizione biblica e talmudica, ci sarà lo scontro finale fra bene e male, prima del Giudizio Universale) dalla Galilea (Israel)

lunedì 2 agosto 2010

Fires of Lughnasadh*


In the circle I lit the fires of Lughnasadh
I’ve no harvest in my hands and I’m the father
Of the change and of the fear
Of the flames and the tears
My sons

In the circle I lit the fires of Lughnasadh
There is nothing but I know there is another
Life to live without a plan
Place to see without a land
To walk on

My harvest for today
Is to admit the change
It hasn’t yet killed me
And I’m still standing on my feet

And I am still alive
Or may be I’m obliged
To breath again the air from
The sky composed by clouds and thoughts


In the circle I lit the fires of Lughnasadh
It seems to me that I’m a sort of younger brother
That wants to know ‘bout everything
But doesn’t know still how to live
To grow

In the circle I lit the fires of Lughnasadh
While I’m thinking of connections with Kabala
Tree of Life it is for me
A new lesson full of gifts
Of gold

My harvest for today
Is to admit the change
It hasn’t yet killed me
And I’m still standing on my feet

And I am still alive
Or may be I’m obliged
To breath again the air from
The sky composed by clouds and thoughts

*Nel calendario esoterico celtico la notte fra la fine di luglio e l’inizio di agosto corrisponde alla festa di Lughnasadh, la festa del raccolto.

giovedì 29 luglio 2010

Rainy night house


Nel mio piccolo spicchio di cielo stanotte piove. Come non accadeva da tempo. Quella pioggia fitta e sottile che tanto piace al diavolo. E ai poeti, con il cuore arido come il Gobi. E insieme alle gocce i pensieri scivolano all’interno del mio cranio con una facilità inusuale e disarmante. Passano davanti ai miei occhi spalancati e pretendo inutilmente di lasciare una traccia. E invece non rimane nulla. “It was a rainy night”. Osservo le mie mani stagliarsi nel cielo grigio e tentare un contatto con le nuvole. Lontane come la pace. Le mie mani sembrano le mani di un uomo. Mi chiedo se veramente sono degno di essere un uomo. Nel mio quotidiano lottare contro questa quotidianità sterile e intricata come un roveto essiccato dal sole estivo. E vorrei osservarmi tutta la notte dall’esterno, con occhi diversi dai miei. Per capire chi veramente sono. E cosa mai potrò mai essere. “I sat up all the night and watched thee to see who in the world you might be”. E in fondo cosa è questo scrivere, se non lo specchio vero di me stesso? Eppure scrivere è anche l’immenso privilegio di avere questo tempo. Che attesa di divenire sacro sotto la pioggia di fine luglio.

Le parti in inglese sono tratte da “Rainy night house” by Joni Mitchell

mercoledì 28 luglio 2010

Orfeo


Orfeo non conosci
il calare della luna?
Il gin-tonic che gronda
dalle tue labbra sottili
spaventate dalla morte
mi ubriaca di terrore:
non ho tempo per scegliere
né per dubitare ancora
nell’assurdità assassina
di questo cambiamento.

lunedì 19 luglio 2010

Cristina Donà, 18 luglio 2010, Sant’Agata Bolognese (Bo) – Parco della Mezzaluna


Briciole di cielo
dentro il mio tè bollente
la superficie della tazza
vibra con la tua voce

Forse sei davvero
un goccia su un nido
ghiacciato di inverno
o d’estate arso

Cristina Donà è un’anomalia della musica italiana. Una che va per la sua strada. Che ha una personalità sua: non copia nessuno. Lei ti fa ridere e ti fa piangere. Con la sua voce potente e aggraziata. Con la sua poesia karmica (“Parlami dell’universo, di un codice stellare che morire non può… di anime in continuo mutamento.. e abbracci nucleari estesi nell’immensità.. dove TU MI STAI ASPETTANDO ADESSO…”), ma anche di pura e banale quotidianità (“La signora spingeva il carrello pieno di belle cose, esibendo quella spesa strabordante, prima spinge poi sorpassa,lei voleva arrivare per prima alla cassa, io volevo essere altrove”). Lei è una strega, una saggia, travestita da cantautrice rock. E che bello sentire il concerto aprirsi nella dolce e pura semplicità di “Settembre” e chiudersi nel rock forte di una band che sa assumere forti connotazioni anglosassoni. Cristina Donà non può stancare. Può solo fare innamorare.

Paolo Nutini, 17 luglio 2010, Piazza del Castello – Ferrara


Tu che giochi con la speranza
dell’eterna giovinezza
nella tua voce beata
di bambino uomo

Accogli il mio sorriso
di adulto frantumato
tra le scogliere ripide
e aguzze dell’arte

Ed è già la seconda volta che vedo Paolo dal vivo. E ancora di più mi è piaciuto. Per la sua – inconsapevole o cercata? – aria da ragazzino che non conosce l’enorme portata della sua magnifica voce. Sì perché la voce di Paolo è un incanto di duttilità e freschezza… e allo stesso tempo ricorda quella di un anziano blues man americano. Paolo è un miracolo di opposti concentrati che si sciolgono nel suo sorriso splendido davanti ad un pubblico adorante. Credo di averlo già scritto da qualche parte (mi sto ripetendo forse?) ma il bello di Nutini è che in lui si vede un vero e spensierato divertimento nella musica. Che probabilmente è sinonimo di disimpegno (non c’è traccia di mistica o di impegno sociale nelle sue liriche) ma per forza anche di naturalezza, sincerità e sacrosanta gioia di vivere e di cantare. E anche quando imbraccia la chitarra e diffonde una nenia malinconica o nostalgica, sul suo viso io leggo la leggerezza dell’amore che – pur quando finisce – lascia la certezza di aver vissuto e di stare vivendo. Senza poi nulla togliere alla band con chitarre, percussioni e fiati (trombe, tromboni e affini) che hanno fatto sembrare talora il concerto una grande festa di piazza. Centinaia di persone a ballare sopra i ciottoli infuocati della piazza estense, sotto le mura del castello! Il concerto ha visto eseguire soprattutto i pezzi dell’ormai celebratissimo ultimo album “Sunny side up”, come la scoppiettante “Coming up easy”, la dolcissima “Candy” (bacio i tuoi occhi.. laverei anche i tuoi vestiti sporchi.. ma dammi un poco di dolcezza..) e la bellissima “Tricks of the trade”. Ma non sono mancati pezzi del precedente album come una stupenda versione acustica di “Last request”. E il concerto si è chiuso con una splendida “Caruso” cantata con accento inglese! Paolo provoca in me una sorta di “sana” invidia (esiste un’invidia sana?), devo ammetterlo. Quando lo guardo, quando lo sento cantare, qualcosa dentro di me mi dice che forse anche io avrei potuto essere così. Se la debolezza, l’accidia o la mancanza di vero talento e di questa bellezza spensierata, non mi avessero tranciato le ali. Ma ora sono troppo vecchio per pensare a ciò che non potrò essere mai più. Ed è bello vedere chi invece ce l’ha fatta alla grande! Great Paolo! Go on that way!

Sarah Jane Morris, 16 luglio 2010, Piazza della Rocca – Soliera (Mo)


Capelli rossi al vento
come fieno d’agosto
impigliato nei rami
delle querciole

Per me sarai sempre
voce potente
di sfida e di gioia
di forza e dolcezza

Vedere Sarah ogni anno per me è ormai un rito. La sua voce potente e la sua femminilità fiammeggiante mi hanno ormai conquistato da anni. E non mi delude mai! Concerto un po’ breve ma molto intenso quello di Soliera, sotto il mastio del castello. Lei con due musicisti affiatatissimi, le note dei quali sembrano sgorgare direttamente dalla sua voce nera. Sì, Sarah è inglese, bianca, rossa di capelli e con tanto di lentiggini: ma ha una delle voci blues più nere che io abbia mai sentito. Amo vedere gli stereotipi distrutti! Sarah ha parlato e cantato di amore e della sua tragica fine. Di denuncia sociale e di speranza. Di dolore, di come esso sappia trasformarsi in gioia per la vita. Sarah ha cantato i suoi splendidi pezzi che spaziano in 3 tonalità vocali (quasi non ci si crede!). E ha cantato anche Damien Rice e persino Janis Joplin. Una con una voce così può veramente tutto! E poi ha ballato e invitato a ballare. E non ci è voluto molto a fare arrivare tutto il suo pubblico sotto il palco ad osannarla. Lei che è forte, ribelle, sensibile e femminile allo stesso tempo. Come sento essere la terra stessa su cui tutti camminiamo. Sarah, you’ve got all my esteem!

mercoledì 14 luglio 2010

Tori Amos, 13 luglio 2010, Bollate (Mi), Villa Arconati


Non smettono di stupirmi
negli anni torvi della vita
la tua grazia provocante
e la saggezza mascherata
da bambina consapevole

E ti ritrovo sempre nuova
nel tuo canto di sirena
e nei versi labirintici
di poetica germogliata
negli oceani della psiche


Tori in gran forma ieri sera a Bollate. In questo luogo insolito – villa decadente in mezzo alla campagna lombarda, col palco sotto un enorme tendone – si è presentata semplice come non mai, con una camicia verde brillante e dei pantaloni argentati sopra ai tacchi alti. Bellissima. Una sirena ammagliante. Ma soprattutto sola, senza band. Sul palco solo lei, un pianoforte Bösendorfer enorme e una tastiera. Strumenti che spesso ha suonato contemporaneamente. La scaletta è stata splendidamente insolita, con canzoni davvero inaspettate e da brivido. Anche perché la signora della musica di qualità, spesso criticata per il suo calo vocale ultimamente, ieri sera era davvero in forma: una voce intensa, forte, dolce ed emotiva. Cosa poter chiedere di più? Penso che dopo un concerto così anche i più critici dovranno, almeno temporaneamente ricredersi e fare chapeau a sua maestà Tori Amos. Ha aperto con “Beauty of speed”: super inaspettata e graditissima.. “I tried to strike a deal with the universe me and my deals with the universe”.. Poi altro pezzo inaspettato “Girl” e da lì ho capito che ci voleva sorprendere! E c’è riuscita! Poi “That guy”, unico pezzo dell’ultimo album: sul cd non m i fa impazzire ma dal vivo è altra storia. Poi un pezzo che amo e volevo sentire ancora (non è la prima volta che mi capita) perché mi trasmette – per me insolitamente - leggerezza: “Caught lite sneeze”. E poi il colpo di grazia, così senza avvertirmi: mi ha fatto (sì di certo l’ha fatto solo per me! Eh!) “Doughnut song”, un pezzo che per me vuole dire tantissimo e che mi ha sollevato in un momento in cui ero davvero solo un spazio vuoto: il buco della ciambella! A volte basta così poco. Poi “Space dog” (eccezionale) e “Dragon”: ma come suonava il piano?! Dio mio. Ed ecco in arrivo un’altra sorpresa: “Northen Lad”, la più bella ballata dal Choirgirl Hotel.. da sempre spero di sentirla live e non mi ha deluso per nulla. Ok, “Bouncing off clouds” si poteva anche evitare, ma dopo è venuta “Gold dust” e ancora una volta la signora è riuscita a farmi piangere: perché solo dopo si capisce di avere avuto polvere d’oro nelle mani. Solo quando le cose non ci sono più. Poi mitiche “Siren”, “Anastasia”, “Bells for her” e “Take to the sky”: e li ho pensato, ma questa scaletta è davvero un miracolo… pezzi splendidi e insaspettati uno dietro l’altro. Ma grazie!! Nel frattempo ha intervallato con alcune cover stupende come “Rattlesnake” di Lloyd Cole (in Strange Little girl) e “I’m on fire” di Bruce Springsteen, dimostrando per l’ennesima volta la sua duttilità. Proprio con una splendida cover, Personal Jesus” dei Depeche Mode è partito un breve e unico encore, terminato con uno dei pezzi che ancora mi toccano in assoluto di più, “Hey Jupiter” con cui si è chiuso il concerto: ovviamente tutti sotto il palco! Il pubblico era partecipe e mi è piaciuto. L’acustica piuttosto buona. L’artista ispirata e carica. Unica nota negativa (nuvoli di zanzare a parte): è stato un concerto un po’ breve, nemmeno venti pezzi in poco più di un’ora e mezza. Ma se il livello è così alto ben vengano concerti anche un poco più brevi. Mrs Amos, I LOVE you.

martedì 13 luglio 2010

Sinead O’Connor, 8 luglio 2010, Genova, Porto Antico – Arena del Mare


Porto antico:
Genova riflette se stessa
sul rassicurante mare.
La stessa voce
d’intenti sacra:
Israele è l’Irlanda
Dublino Gerusalemme

Sinead è per me una madre. Artistica e mistica come davvero vorrei fosse una madre. Da sempre per me ha significato moltissimo. Fin dalla prima adolescenza, quando mi chiudevo in camera ad ascoltare la sua voce, celtica fin nell’essenza. E mi ha aiutato a capire una delle cose più preziose che ho: il senso del sacro. Sinead è cambiata molto fisicamente, dall’ultima volta che l’ho vista a Milano (al Teatro Smeraldo nel 2005) e in generale dal suo classico aspetto skinhead che l’ha resa un personaggio. A Genova si è presentata sul palco scalza, con capelli per lei lunghi, con un lungo vestito a fiori sulle sue forme rotondeggianti e con una grande croce al collo. Nessuna sensazione di celebrità, ma solo grandi musicisti: Steven Cooney, chitarrista australiano di origine irlandese, e il polistrumentista Kieran Kiely alle tastiere, flauti e chitarre. Eppure lei ha davvero fatto la storia della musica. Prima di aprire la sua splendida era mistica, durante la quale, per me, ha regalato al mondo alcune delle più belle preghiere mai scritte. Fede Amore e Spirito di protesta verso la società corrotta, intrecciati come in un triskel celtico. In breve la scaletta (certamente incompleta), che mi ha commosso, stupito, emozionato: ho pianto, ho cantato e ho pregato con lei.
1. Something beautiful: primo pezzo dell’ultimo album “Theology”: preghiera umile e splendida;
2. The healing room: Dio solo sa quante volte è stata la mia stanza della guarigione;
3. The emperor’s new clothes: critica potente dall’inizio degli anni 90, ancora rock come allora;
4. Whomsoever Dwells: altra splendida preghiera da “Theology”;
5. Never get old: splenida sorpresa, pezzo splendido dal suo primo album dell’87 “The Lion and the Cobra”, allora cantato con l’ancora quasi sconosciuta Enya;
6. You made me the the thief of your heart: un’esecuzione da brivido;
7. Dark I Am Yet Lovely: è un pezzo che io ascolto molto ultimamente, da quando mi sono avvicinato alla mistica ebraica: Sinead sa benissimo associare il celtismo con l’ebraismo senza alcuna contraddizione e io mi sento vicino sempre più a questo percorso... durante l'esecuzione del pezzo, con le luci si è formata una splendida stella di David dietro di lei...molto coreografica;
8. Three babies: denuncia sociale pura che ancora suona per le strade del mondo dove la povertà regna sovrana;
9. If you ever: pezzo splendido dedicato alla madre defunta:
10. I Am Stretched On Your Grave: ecco il climax del concerto, pezzo completamente a cappella con una voce che ti scava dentro… ho sentito il mio recente lutto emergere ed esplodere negli occhi con una potenza inaudita, catarsi pura preceduta dal segno della croce;
11. Black Boys On Moped: e certo Mrs Tatcher ancora odia questo pezzo!!;
12. This is to Mother you: un semplice capolavoro di umile e spietato talento;
13. What doesn’t belong to me: mai come stavolta l’ho sentita dentro.. che l’odio, la rabbia e il dolore tornino da chi li ha lanciati, perché non mi appartengono affatto;
14. The Lamb Book of Life: la salvezza è l’abbandono sacro alla vita, un pezzo che vale mille preghiere da solo;
15. Far from Home: Let me create something other than trouble!;
16. The Last Day Of Our Acquaintance: è un pezzo che mi sorprende sempre, la forza e la dolcezza possono coesistere quando si chiude un amore;
17. Nothing compares to you: poteva mancare? Anche suo figlio le chiede il pezzo che l’ha resa famosa!;
18. Thank you for hearing me: unico e ultimo pezzo dal mio album preferito “Universal Mother”.. essere ascoltati e amati è un dono straordinario.
Sinead ha salutato ma dopo poco è tornata con un breve encore: tutti sotto il palco!
1. These Times they are a changin' di Bob Dylan: splendida, e chi se la aspettava?
2. If you had a Vineyard: ispirata al salmo del profeta Isaia… la vera Fede, così lontana da quella oggi dimostrata dalla Chiesa Cattolica (ci tiene sempre a precisare).. con cui chiude e saluta..
Più di venti pezzi (ha fatto anche pezzi di un album nuovo che uscirà a gennaio 2011), più di due ore di concerto sul mare.. e una grande emozione. Grazie Sinead. Grazie per sempre. Glory has to be to the Father, to the Son and to the Holy Spirit.

sabato 3 luglio 2010

And Rome


I know
That I am half a man outside my wood
And Rome
Makes me remember how much I was used
By who
Seemed a white angel but is only a cockroach
Who goes
Around these streets believing to be grown

No growth
Can happen when you are so sadly blind
And Rome
Is not a city easy for that kind
Of people
Thinking they are the only one to think about
And no love
Can esc outside from their sick mouth

Rome
The sun
Is sinking you
Is sinking me
And I remember all the time I’ve lost
Rome
You are
A knife so deep
For my belief
In people who can give something for free


I hope
Not to meet that devil somewhere here
And Rome
Seems just a river long and without fear
But all
Can change in a minute I have learned
And most
Is reduced into some poor words

Rome
The sun
Is sinking you
Is sinking me
And I remember all the time I’ve lost
Rome
You are
A knife so deep
For my belief
In people who can give something for free


Rome, 7th June 2010

lunedì 21 giugno 2010

Yesod


Luce notturna ch’invadi la quiete
di questo sogno di estate nuovo
che mi consola - bambino o uomo? -
mostrando ombre già oltre la siepe

In questo buio che la vita miete
sorseggio gli attimi di un vuoto
ch’emergon come sull’acqua il loto:
stanno nel sonno le ore più liete?

Inconscio come il sordo dolore
dell’adepto ancora accecato
dal suo avido guardare il cielo

Essenza pura, della vita feto
che crea nel dubbio il significato:
l’antro oscuro celato dal sole

* Nella Cabala – antica tradizione esoterica di matrice ebraica – Yesod è la sfera dell’inconscio e del subconscio che agiscono in noi in modo inconsapevole. In verità in Yesod possiamo sperimentare anche le dimensioni oniriche e astrali che ci possono dare intuizioni divine superiori. Nel buio la luce si intuisce più facilmente. Oggi è il Solstizio d’estate: la luce non è mai stata così tanta. Il buio è poco ma prezioso. Buon inizio di estate a tutti.

giovedì 17 giugno 2010

Pietà farisaica


Prole di rapaci ciechi
scomunicati dal vento
tristi burattini lignei
che attendono il fuoco

Tra le rose che non temono
di toccare i corpi sacri
dei morti nel sonno sorpresi
nell’attesa vana del Messia

La pietà farisaica del cielo:
nella radiosa siepe oscura
delle scritture labirintiche
un rinnovato senso del tempo

domenica 13 giugno 2010

88


Numero pieno e simmetrico
ottantotto, come i tuoi anni
in questo giorno d’antico vento
che non distingue vita e morte

S’ancora potessi coi miei occhi
vedere i tuoi identici
nel mio sorriso cielo e terra
troverebbero nuova unione

Ma posso soltanto annaffiare
nel giardino del dolce ricordo
il fiore della gratitudine
eterno come il soffio di Dio.

Me lo dicevi sempre. Tua madre ti raccontava che, quando sei nata, qui c’era la festa di Sant’Antonio da Padova, il patrono del paesino. E le campane suonavano a festa, per accogliere le genti di tutta la valle, da est a ovest. E certamente tante persone venivano a farti visita. Con tua madre fiera di mostrare la primogenita al suo piccolo mondo, fatto di briciole sante e poche parole. A volte mi immagino quel giorno di festa. E penso non sia un caso tu sia nata proprio quel 13 giugno. La festa del luogo che avresti abitato e consacrato per tutta la tua vita. Esattamente come i tuoi avi avevano fatto, almeno negli ultimi 400 anni. Vedo i colori sbiaditi e i sorrisi sdentati delle persone. Vedo nei loro occhi la voglia di lasciarsi un passato feroce e misero alle spalle: la Grande Guerra finita da qualche anno e auspici di rinascita dinnanzi. 1922. Nessuno poteva presagire che proprio in quel momento si stava preparando un nuovo male, ancora peggiore. Nessuno ancora immaginava l’avvento dell’oscura epoca fascista, che avrebbe riempito di sangue e terrore ogni angolo della valle. Ma tu, piccola creatura di gioia, in quel momento non potevi che simboleggiare il senso stesso della festa e delle future speranze: le campane della piccola chiesa suonavano anche per te. Avrei voluto esserci anche io. E invece sono qui. Ottantotto anni dopo. Solo e nel silenzio totale. Non una persona in tutto il paesino. Tutte le case chiuse. Forse, alcune di esse, rivivranno per qualche giorno in agosto. Altre rimarranno mute per sempre. Non c’è più nessuno e anche la chiesa è muta. Sono sparite persino le campane. Entro per accendere una candela in tuo onore e l’odore di polvere quasi mi soffoca. Da quando non ci sei più, è come se anche lo spirito di questo luogo fosse sparito. Lui che ti aveva benedetto 88 anni fa. La sua festa era la tua. Binomio inscindibile che non hai mai rinnegato. Nonostante i terribili momenti vissuti. Io vorrei essere degno della tua eredità. Vorrei fare rinascere questo luogo magnifico da solo, proprio oggi. Ma non trovo dentro di me alcuna energia. Annego la terra verde di lacrime calde. E mi lascio sprofondare nel silenzio nostalgico di un passato lontano, eppure oggi presente più che mai. Guardami nonna! Buon compleanno! Riesco ancora a sorridere. Solo per te. “You are in my blood like Holy wine”.

Le parti in inglese sono tratte da “A case of you” by Joni Mitchell.

lunedì 7 giugno 2010

My difference


In days like these
I take some pleasure in being me
So different from the others
But a man, just a man

In front of the sea
I feel a wave into the wind
Or a cold blow of the breeze
Not a man, not a man

The rain on the water
The drops try to foster
My mood in this day among half family

The sun on the water
Your presence everywhere
You are always for me my own family

And when I think of you I feel like the sea

And I remember
I was here when I was a child
With you always nearby my side
Angel of, my childhood

And I can see here
Everything is changed so madly
People think they could create lands
But you know, they could not

The rain on the water
The drops try to foster
My mood in this day among half family

The sun on the water
Your presence everywhere
You are always for me my own family


And when I think of you I feel like the sea

My difference belongs to you
My difference in you it’s born
Thank you

Lerici (SP) , 15th May 2010

martedì 1 giugno 2010

Dilmun *


Il sole piove sulle pietre antiche:
oltre il ruscello del tempo atteso
soltanto silenzio di sterpi e luce

L’aria del cielo è ancora cruda
come il mio sogno di rinascita
racchiuso nei palmi graffiati

E si chiude il sipario di maggio
tra le urla soffocate di Elia
in mezzo alle nuvole gonfie

* Nella mitologia sumerica (vedi “Epopea di Gilgamesh) è la terra ad est, “là dove sorge il sole”, da molti identificata anche come l’antico Eden biblico.

Nella foto: particolare del mosaico absidale della Basilica della Trasfigurazione, sul Monte Tabor (Galiela - Israele). Secondo i vangeli sinottici, Gesù, dopo essersi appartato con i discepoli sulla cima del Tabor, cambiò aspetto mostrandosi con uno straordinario splendore della persona e una stupefacente bianchezza delle vesti. In questo contesto apparvero i profeti Mosè ed Elia con cui Gesù conversò.

sabato 29 maggio 2010

The guardian


I remember snow and all its stories
Now that the springtime is so full
While the guardian keeps his own glory
I am trying to find new useful tools

And there is no trace of fear on his eyes
Even if the shades and the tears from the sky
And he’s got no time as my fantasy
When the people cry I wonder what he thinks

I sink again into the springtime
Through the mountains and the grass
And the guardian is always there
Since my memory exists

I wonder once again the meaning
Of his inhabiting the roof
She always said he was our guardian
And I believe she had hot the proof


I know it’s not a simple story
That someone vainly goes on to account
There’s something sacred in his showing
His self in front the valley now

And there is no tongue could really tell the truth
But there is a world that lives outside our rules
And I feel a part of this mystery
When the people die I wonder what he thinks

I sink again into the springtime
Through the mountains and the grass
And the guardian is always there
Since my memory exists

I wonder once again the meaning
Of his inhabiting the roof
She always said he was our guardian
And I believe she had hot the proof

venerdì 21 maggio 2010

Ain sof *


Il tuo viso dipinto di luce
come il sole giovane d’alba
come l’acqua sacra di maggio
che lambisce finestre stupite

Mi rammenti un’estate immortale
di profeti dispersi nel cielo
nell’attesa violenta di gioia
dei tuoi occhi oceani infiniti

Posso udire i sospiri del tempo
supplicare l’abisso del nulla
mentre dolce mi coglie il calore
nel mio istinto confuso di uomo

* In ebraico “אין סוף” = l’energia creativa primaria, grazie alla quale dal niente nasce il tutto (Ain = il vuoto)

lunedì 10 maggio 2010

There was a tree there


In questo giardino di sogni bambini, resto soltanto io. E la mia ombra che non mi è mai parsa così transitoria. Osservarla sbiadirsi sotto le nuvole grigie mi rende un’altra volta chiaro come sia solo un passaggio quello che sto vivendo. Un sentiero che conduce altrove. Dove l’ombra del mio corpo non esisterà più. E io sarò solo essenza in attesa di una forma. Ma ora che sono carne, lascio che queste lacrime di acciaio venute dal cosmo mi sfiorino la pelle, prima di infiltrarsi tra l’erba aguzza. E sono il brivido freddo di ogni goccia. Chiudo gli occhi e quando li apro scorgo il suo frassino secco. Accanto al mio che invece risorge dopo il buio invernale. Ed è una scoperta amara eppure ovvia. Ricordo ancora il giorno in cui li piantammo, uno accanto all’altro. Osservo il tronco bruno e secco dell’albero, ergersi rigido e assente accanto al verde trionfo della stagione. Ogni cosa qui è un simbolo. Una lezione di vita e di morte. Qualcosa che già intuivo nella selva orticante di Yesod*. Le oscure profondià dell’inconscio, il rigoglioso manto che copre ogni mia notte con i suoi sussurri e venti sottili. Come questa primavera che sa esplodere lentamente ogni sera e ogni mattina. Sopra ai corpi dei morti e tra i sospiri della vita onnipotente. “There was a garden in the beginning, before the Fall before Genesis. There was a tree there, a tree of knowledge..”.

*Yesod nella tradizione della Cabala Ebraica è la tifareth (sfera) dell’inconscio e dell’onirico; attraverso di essa passano molti dei percorsi che dalla dimensione materiale (Malkuth) salgono verso i mondi più alti sulla mappa che rappresenta l’evoluzione umana (l’albero della vita)

Le parti in inglese sono tratte da “Original Sinsuality” by Tori Amos

Nella foto: alberi di mimosa sulla cima del Monte Tabor – Galilea (Israele)

venerdì 30 aprile 2010

Sorgenti


La crudele eternità
del cambiamento:
il cielo gioca
coi dadi eterei
delle anime
incatenate

E mentre del tempo sorge
la nuova metà *
siamo sorgenti
sterili e feconde
di infinite
possibilità

*Stanotte sarà Beltaine, la Festa che nella tradizione celtica apre la seconda metà dell’anno: si celebra il trionfo della luce / vita sul buio / morte. Cosa è la vita se non cambiamento continuo? Un cambiamento quasi sempre crudele ma spesso anche inevitabilmente fertile.
Nella foto: dopo il tramonto, in un giardino del lungomare di Tel Aviv (in ebraico: "תל אביב-יפו" letteralmente: “Collina della primavera”)

domenica 25 aprile 2010

Malakh Berakhot*


Dove il vento si posa
e diventa pietra
dove posso osservare
il cielo nell’acqua
e scorgere gli angeli
dagli occhi grandi
piangere sui miei capelli

Solo in quel luogo
potrò udire il verbo
divenire sangue
per comprendere il dolore.

Nella foto: veduta della Galilea dalla cima del Monte Tabor
* In ebraico: benedizioni angeliche (Malakh = angelo del Signore e Berakhot = benedizioni)