giovedì 28 maggio 2009

Pelle


La pelle ferita delle colline
stesa fin sul mare
Il cielo dell’estate scoppiato
tra le mie mani

Il fumo dalle tue labbra
le vene gonfie
croci di sangue e vita
offerte a Dio

La mia voglia di scoprire
il profumo eterno
come acqua benedetta
essiccata al sole

(Genova – 27 maggio 2009)

mercoledì 20 maggio 2009

The Garden of the pain


Does anybody know how to feel better
In this cold courtesy, in this lack of gods?
Does anybody know how to reach heaven?
There is no direction no and I find no road
Nobody knows .. nobody knows..

The Garden of the pain
Reflected on my face
Not only memory
The pieces of my wings
Over the bed with tears
Become my enemy

These trees have hands to touch my brain
I’ve no miracles to pretend … at all


It is only the hope that creates ever
This sense of eternity, while we are just blows?
Well I don’t think so, it is a matter
With so many answers as extended as the world
Nobody knows .. nobody knows..

The Garden of the pain
Reflected on my face
Not only memory
The pieces of my wings
Over the bed with tears
Become my enemy

These trees have hands to touch my brain
I’ve no miracles to pretend … at all


Does anybody know how to escape from
This garden so cruel, called the Cosmic Clock ?

(Cento – Fe )

sabato 16 maggio 2009

Acquerelli


Riflessi nel cristallo puro
gli acquerelli del futuro:
le luci e le ombre del tempo
non sono leggi dell’Amore

Ogni giorno sarà plurale
dall’alba al crepuscolo
..E l’infinito tra le mura
colmerà di pace le notti

lunedì 11 maggio 2009

Tra gli ulivi


La quiete riposa fra i sassi
e si specchia in cielo:
prisma gigantesco
Trame d’anime
cucite e strappate
nell’attesa di un senso nuovo
Briciole d’ossa tra gli ulivi
parole di plastica
morsi sul cuore
Eppure guarda:
negli occhi già stanchi
tenui sfumature di speranza

Castelbianco (SV) – 10 maggio 2009

venerdì 8 maggio 2009

P.J. Harvey, 4 maggio 2009, Milano – Auditorium San Gottardo


E’ stata la prima volta che l’ho vista e sentita dal vivo. Lei: Polly, come mi piace chiamarla, P.J.Harvey, come il mondo la conosce. Ed è stata un’emozione unica. Sì è presentata sul Palco dell’auditorium quasi in perfetto orario: lei in effetti non ha mai avuto bisogno di fare la star per dimostrare di essere una grande artista. Basta un suo sguardo per intuire la grande originalità che la caratterizza nel profondo. E quando me la sono vista lì davanti, con il suo abito nero dal gusto ottocentesco, scalza, con i capelli neri e mossi sciolti sulle spalle, ho pensato che Polly è veramente una donna bellissima: quelle bellezze d’anima che per forza traspaiono anche nel fisico. Ma veniamo al concerto: semplicemente eccezionale. La scaletta è stata molto fedele all’ultimo disco uscito a fine marzo: “A Woman a man walked by”, che vede l’importante collaborazione con il polistrumentista John Parish, con il quale Polly suona da sempre; con lui aveva già fatto un altro album “Dance Hall at Louse Point”. Ebbene: tutti i pezzi della serata sono stati tratti da questi due album. Il concerto si è aperto con il bel rock di “Black Hearted Love: oceanico, quasi grunge. Poi subito “16,15, 14” con il Banjo di Parish e la suadente voce di Polly che ha più volte cantato il mio nome “Daniel Daniel!”: che bello! Pur non essendo io quel Daniel, è stato emozionante. Tra i pezzi del vecchio album (che non ho ma che devo procurarmi assolutamente!) mi ha colpito in particolare “Civil war correspondent”: un testo straordinario. Bella la ballata “The soldier” che dal vivo si fa notare molto di più che nel disco. Poi “Leaving California” con i giochi di falsetto: io amo il falsetto di Polly, credo che abbia un colore unico. E immediatamente dopo la dolce ballata californiana, la potenza e la rabbia di “A woman/a man walked by”: qualcosa di straordinario. Ecco che Polly grida di nuovo la sua rabbia al mondo, con uno stile unico e con una classe formidabile, niente affatto intaccata da qualche parola non proprio “Political correct”. Ci vuole una frase del testo di questo pezzo che tra l’altro dà il nome all’album, per rendersi conto della sua potenza: “All the times he tried to help, he spit in my face and laughed that woman-man, I want his fucking ass”. Ma è un pezzo che va ascoltato: su di me ha un effetto quasi catartico. E poi la dolcezza infinita di “Cracks in the canvas” che è pura poesia: di quella che va sul cuore con il contagocce… lentamente ma profondamente. Ma le sorprese non sono finite. Polly ha ancora rabbia da urlare e lo fa in un modo estremo stavolta. “Pig will not” è la canzone del rifiuto, in cui “I will not” viene urlato in modo quasi ossessivo con un tono il più possibile eccessivo e quasi disperato: il lamento finale prima dell’esplosione. La forza e il coraggio di una donna che non ha paura di osare. La sua voce mi ha ricordato addirittura quella di Diamanda Galàs in questo pezzo. Poi Polly e i bravissimi musicisti sono usciti e sono rientrati per due encores. Il secondo dei quali è stato “April”, il mio pezzo preferito del nuovo album. È cantata in un modo splendidamente retrò e molto evocativo: Polly ha messo una retina antipopper sul microfono poi ha incollato la bocca ad esso. “I don’t know what silence means It could mean anything, April, won’t you answer me?”. La conclusione degna di un concerto eccezionale. Polly si dimostra sempre un’Artista estremamente versatile e coraggiosa, che non teme di mettersi in gioco. Cosa non comune in questo momento!

lunedì 4 maggio 2009

Through sun and rain


During the last morning of rain
I had a cloud for me to talk
An angel near the window pane
And insane thoughts behind my face

And then the sun comes on the lane
And my sad cloud becomes a widow
And the small angels flies away
And my old thoughts just little flames

The life is just a diamond
Reflections in the eyes and sounds
There is no proper Bible
You can use to catch and to count

If we are some miracles
Our names pick the ways
The wreckages are the most
But sometimes there’s a bay

There is something I can’t explain
Even with notes and words to say
Eternity it is the same
Of staying here through sun and rain

The life is just a diamond
Reflections in the eyes and sounds
There is no proper Bible
You can use to catch and to count

If we are some miracles
Our names pick the ways
The wreckages are the most
But sometimes there’s a bay