giovedì 28 giugno 2007

Notturno Dialogico















Tu: la notte mi parli
nell’orecchio attento
di una vita nuova
di miele bagnata
e ingegni sottili

Io: ascolto nel sonno
l’insonnia tua amante
che insegna la vita
al bambino suicida
stoltamente risorto

Tu: nel silenzio m’ami
come brina estiva
discesa benedetta
dalla mente di un Dio
al corpo di un uomo

Io: indosso la pelle
color del disincanto
da qui conto i passi
fin al porto lontano
chiamato eternità.

giovedì 21 giugno 2007

I watch me be this other thing

Ti ho chiamato quattordici volte inutilmente. Giorno dopo giorno, fin da quando la pioggia ha iniziato a parlarmi di te. E del tuo dolore infinito. Quattordici è un multiplo di sette. Sette come gli Angeli dell’Apocalisse. Sei due volte l’Apocalisse. Pur non avendo ancora capito se il tuo nome sia composto da due o tre sillabe, sono partito per cercarti. Un nuovo sole del tardo pomeriggio mi ha accompagnato. Come un segugio ho annusato la tua disperazione. “Just when you’ve escape, you have yourself to fear”. Ho guidato senza sosta, fin oltre le colline blu, dove più di una volta abbiamo parlato con le nuvole. Dici che io non ricordo più nulla ma sei tu ad avere dimenticato tutto, nel tuo impegno costante di rappresentare la vita, nel tuo correre dietro alle motivazioni, sempre più assenti. “It’s grim but never dubious as motives go. One thing she’ll always promises.. is a show”. Percepisco la tua presenza ma non ti vedo lungo queste vie sconosciute. Guardo i visi dei passanti e in ogni istante mi pare di intravedere la tua faccia apparire. Ma non ci sei. Dopo i mesi di interminabile assenza fisica. Dopo gli incendi che hanno sconvolto i nostri universi. Dopo la neve, la pioggia e il sole. Dopo che la musica si è spenta. Io sono ancora qui a cercarti, come se niente fosse cambiato. Come se le parole acide dell’inverno non avessero lacerato per sempre il filo che ci teneva legati indissolubilmente. “The lily white matricide from vicious words, it doesn’t leave a scratch so therefore, no one’s hurt”. La tua assenza inizia a diventare epica. Così come la tua presenza è un tarlo che rosica la mia anima. La tua figura da ingombrante è divenuta fatiscente. Davanti a questo fallimento sono costretto ad ammettermi che non so più chi tu davvero sia. Forse non fai più parte del mio mondo. Sei altro da me, altro da noi: razzismo inconsapevole dell’anima. Ti cerco in un’altra dimensione ma non ti trovo. “I watch me be this other thing and never know, if I’m marooned or where the Purple People go”. Non so se sia tu o se sono io ad essere altro da se stessi. (14 giugno 2007).

PS. Le parti in inglese sono tratte da "Purple people" by T. Amos

lunedì 18 giugno 2007

Ossigeno













Lo inspiro dalle tue labbra
nel cielo che profuma d’acqua
oltre il confine fittizio
fra il mio pensiero e il tuo

Lo inseguo nella porpora
di questi lampi disperati
e nell’orizzonte inquieto
che nascondi nel tuo abbraccio

martedì 12 giugno 2007

La separazione della terra dal cielo

L’altra sera, guardando il cielo notturno – cosa che non facevo da tempo- , mi sono messo a riflettere su quanto effettivamente possiamo considerare il cielo come una dimensione separata dalla terra e quanto invece siamo in grado di percepirlo “vicino” a noi.

A livello fisico effettivamente la separazione è effimera: parole come Spazio, Atmosfera, ecc, ci hanno ormai donato una sorta di “famigliarità” nei confronti della dimensione fisica del cielo ma, allo stesso tempo, lo hanno spogliato della sua ancestrale poesia.

Passando invece al lato culturale, e se vogliamo teologico, della questione: se si considerano i significati simbolici associati al cielo stesso nei secoli, certamente il cielo assume una dimensione a parte, rispetto alla terra. Il cielo diviene infatti la dimora del divino e della spiritualità intrinseca, in contrapposizione a una terra fatta di materialità imperfetta: il cielo è la perfezione e la meta ultima dell’anima.
Ora: andando a ragionare su questa netta separazione simbolica, è molto interessante portare avanti qualche considerazione mitologica. Molte delle mitologie di ogni parte del mondo, parlano di un vero e proprio atto di separazione fra il cielo e la terra, da parte del principio divino stesso: dio (o gli dei) separa il cielo dalla terra, scegliendo il primo come sua dimora e designando il secondo come dimora degli uomini ( e degli altri animali…). Qualche esempio?
Nel prologo del “Gilgameš”, grandioso poema epico sumerico, si tratta della separazione del cielo e della terra come un atto violento: “Quando il cielo fu separato dalla terra, e la terra fu separata dal cielo...”.
Per non parlare della mitologia giudaico – cristiana: nella “Genesi” sono citati esplicitamente la creazione del cielo e della terra, visti come due momenti diversi: Dio crea il cielo e la terra come due cose separate.
E si possono fare molti altri esempi.

Dobbiamo riappropriarci del cielo? In questa vita è possibile?

It's time for something great

(Scritto qualche mese fa. Racconta di un abbaglio. L’abbaglio di un Amore voluto e sperato, ma mai realmente arrivato. L’ho scritto credendo fosse l’incipit di qualcosa di grande. Ora lo vedo come un epilogo, e come tale lo posto).


Ho chiuso il libro pur volendo continuare a leggere. È una storia che mi pare di conoscere già. Ho bisogno di qualcosa che mi sorprenda. Eppure mi interessava leggere, cullarmi nella mia finta preveggenza: ma ho chiuso il libro e ho spento la luce. Poi ho chiuso gli occhi, anche se non ce n’è motivo, vista la totale oscurità della stanza. Persino la finestra è chiusa e non lascia passare nemmeno un raggio della luce del lampione del viale. Il silenzio è profondo: non sento neppure il click clack dell’orologio. Ora posso affondare nel famigliare nulla e farmi divorare dal vortice degli anni. “The wriggling, squiggling worm inside devours from the inside out”. Ma stavolta qualcosa mi trattiene. Sei tu? Chi sei? So chi sei e ho paura di te. Ma ti desidero così forte da scordare chi sono. Tu mi hai fatto capire, con un tuo solo sguardo, di non avere mai vissuto. Conto le notti di solitudine, le sommo senza alcuna equivalenza alle notti di gelida finzione spese in giro per il mondo: la somma consiste più o meno nella mia età. Giurassica falsità, così evidente nel riflesso smeraldino delle tue iridi. Non mi permetti più di avere il mio nulla. Non mi permetti più di giocare con le mie maschere. Ma cosa mi dai in cambio? “No more going to the dark side with your flying saucer eyes. No more falling down a wormhole that I have to pull you out”. In cambio mi dai il tuo sorriso e il tuo dolce modo di pronunciare il mio nome. Non è abbastanza: ho bisogno del tuo corpo e della tua anima. Voglio conoscere la vita che il tuo sguardo mi ha promesso. Sono analfabeta d’amore e voglio imparare a scriverti. Disteso su questo letto nell’oscurità, sento il tuo corpo eccitato strofinarsi contro il mio, in un principio di estasi sconosciuta. Sento ogni parte di te e la sento mia. Sono invaso di dolcezza e vorrei piangere. Come posso conoscere così bene il tuo corpo senza avere mai neanche sfiorato le tue labbra. Sei un mistero per me. Sei solo intuizione. Mi spingi ad ipotecare per la prima volta il passato in nome del futuro. Quale futuro? Sono cieco, guidami tu. Hai un potere immenso, il tuo avvicinarsi fa tremare la mia anima. Come puoi osare tanto? Non ti conosco ma sei la prima luce che appare sul mio cristallino da secoli. Ti prego aiutami a capirti e a risalire da questa oscurità titanica di infiniti inverni e menzogne. “I want you to get out and make it work. So many lies. So many lies. So many lies. So feel the love come off of them and take me in your arms”. Quando percepisco la tua assenza fisica precipito da altezze idrosferiche. Dove sei? Non ti ho mai visto qui ma il mio cuore è colmo di te. Ripenso a quel che ero e mi disgusto. Penso a quel che sarò senza di te e sono terrorizzato. Ti prego soffoca per sempre i miei pensieri di putredine e diventa il mio ossigeno. “No more talk about the old days. It's time for something…great”.


PS. le parti virgolettate in inglese sono prese da "Atoms of peace" by Thom Yorke, dal suo album di debutto "The eraser", secondo me uno dei migliori album del 2006.

The speed racer is dead

Ecco la prima notte estiva insonne. Queste notti mi ricordano le mie adolescenze e adesso che sono un uomo, mi fanno pensare che forse nulla è cambiato. Le notti come questa mi permettono di sentire la città pulsare e le campagne pullulare di vita. I miei sensi diventano estremamente ricettivi e superano il limite fisico del mio essere qui e ora. Non ho un tempo e non ho uno spazio. Ma ho la solitudine nelle mie mani, materia grezza, creta informe da modellare. Ho tutta la notte davanti e posso costruire ciò che voglio. Posso creare interi paesi e distruggerli in pochi istanti. Sono potente e debole allo stesso tempo. Sono un demiurgo figlio di un’utopia astratta. Il mio mondo è fatiscente ed effimero, ma può, per una notte, essere in grado di coprire la realtà. So che presto il silenzio partorirà i rimpianti di tutta una vita. Li vedrò emergere come cadaveri perfettamente integri, sulla superficie di un lago. Li scorgerò con la coda dell’occhio, ma farò finta di non vederli, e scapperò lontano più veloce del vento dell’ Anglesey. “May be I didn’t like to hear but I still can’t believe the speed racer is dead”. Non so più correre come una volta. Nemmeno le mie parole scivolano più sulla neve, fresche e veloci. Ma spesso sono immobili e congelate. “This is cooling this is cooling”. Ma stasera voglio parlare con il cielo. Esco. La terrazza è invitante e mi accoglie fra i sussurri di una brezza curiosa. A nord vedo lontane le luci di un temporale, preludio di energia inespressa che sta per esplodere. Vorrei volare nel mezzo di quella elettricità e sentire il mio sangue sgorgare tra le nuvole come fonte inesauribile. “I always liked a good storm, I’m always good for a storm”. Il cielo del sud mi parla di colline sommerse nella notte e di case nascoste ma non troppo, dove le anime giocano a rincorrere i loro sogni di plastica. L’ovest è murato dalla luce dei lampioni, finta e asettica come il quotidiano affaccendarsi della gente. Mi chiama l’est sconsacrato dal sole crepuscolare per l’eternità: non ascolto le urla provenienti da un mare lontano di onde annoiate. Nel mezzo dell’oceano cardinale aspetto tremante un messaggio per me, soltanto per me, che coroni questa notte di pensieri dissociati e suicidi di adrenalina. “Peggy got a message for me from Jesus”. Ora che gli dei hanno smesso di parlarmi, attendo soltanto te. Ho bisogno di sentirmi sussurrare quelle parole nell’orecchio. Assieme col tuo fiato caldo sulla pelle. In questa notte ardente e gelida come metallo. “And I’ve heard every word that you have said..”. E mentre sono in attesa inutilmente, mi lascio cullare da questa insonnia pigra, sognando di scappare lontano. Veloce come un tempo o come non lo sono mai stato. “.. and I know I have been driven like the snow”.

PS: le parti in inglese virgolettate sono estrapolate dal testo di "Cooling" by Tori Amos

Il titolo del mio blog

Il titolo del mio blog deriva da un pezzo che ho scritto proprio ieri riflettendo sui perchè di questa mia esigenza comunicativa. Il testo del brano è riportato nella home ma lo metto anche qui sotto, poichè mi pare corretto utilizzarlo come primo post ufficiale.

PEEK-A-BOO AMONG THE BRAMBLES (nascondino tra i rovi)


I can’t understand
Why this need to have
A place to share
Myself, to play
With my thoughts in front of all

I hold in my hands
So many old plans
The most are failed
Along this way
I used to call my life

I want to speak as I have never thought
Without the fear to show
The peek-a-boo among the brambles oh
It has to stop at all
I can look beneath myself
My soul against my heart plays chess
And I can write about the play yes I write about the play

Shoving all my world
On this screen of gold
I know I am
Just different
From what the readers can guess

Will be a new failure?
Or a virtual root
That will evoke
Some new brand hopes
Into this absurd joke?

I want to speak as I have never thought
Without the fear to show
The peek-a-boo among the brambles oh
It has to stop at all
I can look beneath myself
My soul against my heart plays chess
And I can write about the play yes I write about the play

Riflessioni pre blog

Prima di aprire un blog ho riflettuto molto.

Perché NON APRIRLO:

la mia vita è abbastanza interessante per potere interessare altre persone (ripetizione voluta)?
quanto effettivamente voglio dire di me e quanto invece ritengo debba rimanere per me soltanto?
ho e avrò la costanza e la voglia di mantenere attivo questa sorta di on line diary?
sono pronto a commenti di ogni genere da parte di persone a me sconosciute?

Perché APRIRLO:


ultimamente sento la necessità di un confronto più ampio anche e soprattutto con persone che non conosco
navigando tra i blog già esistenti ho scoperto l’esistenza di molte persone interessanti con cui mi piacerebbe interagire
amo scrivere e mi piacerebbe condividere qualcosa di tutto quello che scrivo
penso che la scrittura giornaliera sia qualcosa di importante e vitale: aiuta a stabilizzare la vita e a vedere le cose in una prospettiva più tranquilla e chiara: qualunque cose mi spinga a scrivere day by day è dunque bene accetta nella mia vita


I commenti pro blog sono numericamente maggiori dei dubbi e delle perplessità: ergo, essendo questo un blog democratico, merita di nascere.

Daniel