martedì 12 giugno 2007

The speed racer is dead

Ecco la prima notte estiva insonne. Queste notti mi ricordano le mie adolescenze e adesso che sono un uomo, mi fanno pensare che forse nulla è cambiato. Le notti come questa mi permettono di sentire la città pulsare e le campagne pullulare di vita. I miei sensi diventano estremamente ricettivi e superano il limite fisico del mio essere qui e ora. Non ho un tempo e non ho uno spazio. Ma ho la solitudine nelle mie mani, materia grezza, creta informe da modellare. Ho tutta la notte davanti e posso costruire ciò che voglio. Posso creare interi paesi e distruggerli in pochi istanti. Sono potente e debole allo stesso tempo. Sono un demiurgo figlio di un’utopia astratta. Il mio mondo è fatiscente ed effimero, ma può, per una notte, essere in grado di coprire la realtà. So che presto il silenzio partorirà i rimpianti di tutta una vita. Li vedrò emergere come cadaveri perfettamente integri, sulla superficie di un lago. Li scorgerò con la coda dell’occhio, ma farò finta di non vederli, e scapperò lontano più veloce del vento dell’ Anglesey. “May be I didn’t like to hear but I still can’t believe the speed racer is dead”. Non so più correre come una volta. Nemmeno le mie parole scivolano più sulla neve, fresche e veloci. Ma spesso sono immobili e congelate. “This is cooling this is cooling”. Ma stasera voglio parlare con il cielo. Esco. La terrazza è invitante e mi accoglie fra i sussurri di una brezza curiosa. A nord vedo lontane le luci di un temporale, preludio di energia inespressa che sta per esplodere. Vorrei volare nel mezzo di quella elettricità e sentire il mio sangue sgorgare tra le nuvole come fonte inesauribile. “I always liked a good storm, I’m always good for a storm”. Il cielo del sud mi parla di colline sommerse nella notte e di case nascoste ma non troppo, dove le anime giocano a rincorrere i loro sogni di plastica. L’ovest è murato dalla luce dei lampioni, finta e asettica come il quotidiano affaccendarsi della gente. Mi chiama l’est sconsacrato dal sole crepuscolare per l’eternità: non ascolto le urla provenienti da un mare lontano di onde annoiate. Nel mezzo dell’oceano cardinale aspetto tremante un messaggio per me, soltanto per me, che coroni questa notte di pensieri dissociati e suicidi di adrenalina. “Peggy got a message for me from Jesus”. Ora che gli dei hanno smesso di parlarmi, attendo soltanto te. Ho bisogno di sentirmi sussurrare quelle parole nell’orecchio. Assieme col tuo fiato caldo sulla pelle. In questa notte ardente e gelida come metallo. “And I’ve heard every word that you have said..”. E mentre sono in attesa inutilmente, mi lascio cullare da questa insonnia pigra, sognando di scappare lontano. Veloce come un tempo o come non lo sono mai stato. “.. and I know I have been driven like the snow”.

PS: le parti in inglese virgolettate sono estrapolate dal testo di "Cooling" by Tori Amos

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