giovedì 17 luglio 2008

Sigur Ròs, 11 luglio 2008, Firenze – Giardino di Boboli



Eccomi qui a parlare di una serata fiorentina indimenticabile. Quella trascorsa venerdì al Giardino di Boboli davanti al palco dei Sigur Ròs (che a detta di un mio amico informatissimo, si pronunciano Sigur Ro/z/ , con /z/, la fricativa alveolare sonora che in italiano si ritrova ad esempio nella parola “rosa” = ro/z/a. Scusate la divagazione ma ogni tanto riemerge il mio spirito da socio – linguista fallito). I Sigur sono un gruppo Islandese che, a mio modestissimo parere, ha creato una musica nuova. Una musica che dalle prime note di un qualsiasi pezzo fa dire: ecco i Sigur Ròs! E scusate se questo è poco, in un mondo in cui tutto ormai è copia delle copie copiate. L’arrivo a Firenze è stato un po’ traumatico. 2 ore bloccati sull’A1, poi parcheggio a una distanza imprecisata e infine di corsa per trovare l’ingresso di Porta Romana. Ma seduto al fresco, in mezzo ad alberi vetusti, in un’ottima posizione (quinta fila in platea) ho subito recuperato le forze e dimenticato le disavventure del pomeriggio. Sono arrivato che già suonava tale Helgi Jònsson che mi ha ricordato un po’ Damien Rice, e magari anche Elliott Smith in certe cose. Dei pochi pezzi ascoltati ho apprezzato soprattutto la vocalità. Poi lui si è ripresentato nel corpo di musicisti a seguito dei Sigur poco dopo. Loro sono entrati poco dopo tra gli applausi, tutti e 4, seguiti poi via via da diversi musicisti: i fiati, gli archi, ecc. Il palco: gigantesco, foderato di teloni neri e con 6 enormi sfere di tela sospese a mezz’aria e illuminate dall'interno. Un’atmosfera che definirei “planetaria” e che ben si sposa con il sound un po’ “cosmico” (!?) della band! Non si viene a un concerto dei Sigur Ròs per cantare o per riconoscere i pezzi e urlare. Si viene per ascoltare e partecipare emotivamente all’intensità della musica. E devo dire che le aspettative non sono state tradite per niente. La musica è stata fiabesca in certi momenti e vigorosa in altri, proprio come la natura Islandese, fatta di oceani, boschi, vulcani e distese di ghiaccio. L’esecuzione è stata straordinaria e sul palco si sono alternati ben 13 musicisti (ho contato bene?) che hanno portato suoni e strumenti di ogni genere: violini, contrabbasso, tromboni, vibrafono, tamburi, flauto.. oltre ovviamente a chitarre, tastiere, batteria e basso. Il quartetto di archi era composto dalle islandesi Amiina (presi il loro cd, molto piacevole all’ascolto, lo scorso autunno a Londra) per l’occasione vestite in modo colorato e appariscente. I fiati invece erano tutti uomini vestiti di bianco, quasi in divisa, come una banda di paese di una cittadina costiera. La cosa straordinaria è stata che i musicisti erano “intercambiabili” cioè molti, membri della band compresi, si spostavano da uno strumento all’altro con assoluta disinvoltura. Tra i molti pezzi che ho apprezzato ci sono stati “Svefn-G-Englar”, "Takk", "Agætis Byrjun"e "Glosoli", anche se devo ammettere, non è facile ricordarsi i loro titoli! Per tutto il concerto è stato splendido il continuo alternarsi da momenti di serenità quasi zen e atmosfere rarefatte, a momenti di festa, incitamento e suoni fragorosi: in questo secondo me sta il grande potere dei Sigur. Ascoltarli (soprattutto live) ti fa capire che la musica, così come la vita, è una continua alternanza di emozioni anche opposte.. da un istante all’altro si può passare dalla tranquillità alla passione, dalla tristezza alla gioia, dalla malinconia alla voglia di vivere. L’apice “festaiolo” del concerto c’è stato durante l’esecuzione di “Gobbeldigook”, il nuovo singolo molto concitato, con tutti i musicisti sul palco e anche lancio di coriandoli. Effettivamente i Sigur qui mi hanno stupito assai, ma loro non hanno paura di stupire. Anche se mi sto dilungando molto non posso non scrivere due parole su Jonsi, il frontman della band: una vocalità eccezionale (un falsetto da brivido), quasi ultraterrena… unita a questa chitarra distorta a sei corde suonata (falciata?) come fosse uno strumento ad archi con l’archetto.. Quindi da un lato una voce angelica e dall’altro lato un suono elettronico potentissimo e quasi disturbante.. Ancora una volta la coincidenza degli opposti. Durante il concerto si è creata una situazione quasi magica, rafforzata dai testi incomprensibili, scritti e cantati in un idioma inventato e senza senso (o magari per chi scrive il senso c’è eccome); per la cronaca però, nonostante lo sapessi, ho cercato di trovare alle frasi che sentivo un senso in inglese (….). Una nota indispensabile sul look della band, che ha riservato sorprese. Il più elegante era certamente il tastierista Kjarri con un frack ottocentesco a coda lunga, ma anche il bassista Goggi non scherzava con la sua tenuta molto old style; il batterista Orri Pall invece era tutto bianco con un’enorme corona sulla testa in stile prettamente fiabesco (carnevalesco?). Ma è il cantante e chitarrista Jonsi che ha stupito di più: indossava una specie di divisa militare nera ma con frange alle maniche, che contrasta con il suo aspetto che definirei elfico. Per questo ho coniato per lui il termine “elfo post-moderno”! Il concerto è terminato con l’encore di "Untitled 8" da "( )", con il pubblico in delirio ammassato sotto il palco. Infine i musicisti si sono inchinati al pubblico in estasi. Che dire? Questo concerto è stata una catarsi. Come se – durante l’esibizione – mi avessero condotto su un altro pianeta. Ma poi sono tornato sulla terra. Ahimè.

9 commenti:

ilnomechestaipensando ha detto...

Li ho visti due volte in passato, ma questo tour purtroppo me lo sono perso.
Nel 2001 vidi il tuor "()" e fu qualcosa di incredibile, uno dei più bei concerti della mia vita. Ed io più o meno ci vivo di musica.

Sono felice per te Daniel
Ciao

desaparecida ha detto...

daniel....grazie!
Mi hai fatto vivere un pezzo di vita che vorrei...il loro concerto!

Qle meraviglia deve essere stato!!!

Veramente sono felice x te!

La prima volta che ho ascoltato Agaetis Byrjun sono assolutamente entrata in un altro mondo!

Ancora oggi,quel cd x me è un unico infinito brano e le lande di ghiaccio che mi fa vivere sono forti e calde come un sorriso ancestrale.

ti abbraccio

Anonimo ha detto...

a firenze ci ho vissuto e in un certo modo ci vivo ancora perchè sono molto vicina...non so ancora se la amo o la odio. il pezzo che hai letto è della "trilogia sporca dell'avana" di pedro juan gutierrez, come vedi è scritto al maschile e io sono una donna. mi è piaciuto perchè spietato e perchè condivido pienamente il fatto che la creatività che è bellezza deve essere in primo luogo convulsiva, poi il resto. e non parlo di sfogo. il lavoro creativo è lavoro ma si alimenta di malessere. c'è un solo modo di essere felici, di essere infelici tanti, quello è l'oro...toccare e fare bella la merda...un lavoro strano ma unico. beso nina

.m. ha detto...

ma che meraviglia, Daniel!
mi piace come descrivi i concerti che vedi, mi piace la tua anima da socio-linguista che prende il sopravvento anche -e non solo- nella scelta di certe sonorità aggettive nella scelta delle parole.

e poi abbiamo proprio i gusti simili, per quanto riguarda i concerti.
solo che ultimamente sono un po' in bolletta e non riesco a trovare sempre la gente giusta per muovermi.

stasera spero che il concerto in piazza santo stefano si riveli una bella esperienza:
vedere il grande 'Michelino Pattoni' che rivisita i fasti della musica italiana AnniCinquanta e Sessanta mi sembra prometta bene!

i sigur ros li adoro, comunque e davvero, te lo ripeto, un giorno andremo ad un concerto assieme, se ti va...

a me piacerebbe, ad esempio, Bjork all'arena di Verona o Einaudi a Verucchio...
già.

poi mia sorella è appena rientrata da milano e dal suo Tom Waits...
mi sto perdendo troppi concerti!

un abbraccio e grazie per i tuoi post di condivisione visivo-musicale
^_^

Anonimo ha detto...

I sigur ros a firenze.
Ed io sono a pisa.
E non lo sapevo.

Ok.

Un altro buon motivo per considerarmi un'autentica testa di cavolo.

Un bacio mio caro

Anonimo ha detto...

non c 'ho voglia di leggere recensioni di concerti,di chi manco conosco,ma seppur li conoscessi non leggerei lo stesso,ma sono passato e ci tenevo a lasciarti un caro saluto, mica uno cosi.
ciao ciao daniè

altraepoca ha detto...

anche io li ascolto, non da tantissimo però che musica...grande daniel..un abbraccio Altraepoca

Anonimo ha detto...

ecco, la musica è proprio questo, alternanza. proprio questo. al piov. sun on u

Anonimo ha detto...

Anche questi artisti non li conosco bene (so solo che hanno fatto da spalla ai Radiohead in alcune gig), ma quando ero in auto con Mario al raduno li ascoltati un pò, è vero sono innovativi, una sonorità nuovissima!!!

Elyse