lunedì 6 agosto 2007

Leave me out with the waste, this is not what I do

C’è il mercato in piazza, ma tu non l’hai notato. Forse stavi dormendo. Al sesto piano i rumori arrivano moderati e modulati, puoi sempre pensare siano parte del sogno che stavi facendo. Mi inviti ad entrare. Ti guardo con un po’ di imbarazzo. L’ascensore è stretta: non siamo stati così fisicamente vicini da forse un anno. Rifletto su quanto si possa essere lontani, pur essendo così vicini. L’ascensore si ferma di colpo: mi spavento, tu sorridi… non ricordavo potessi anche sorridere. Un’ultima rampa di scale e siamo davanti alla tua porta. Esito, mi guardo attorno e ti osservo senza incrociare i tuoi occhi. “Leave me out with the waste, this is not what I do”. Un instante dopo sono nel tuo nuovo nido, sospeso fra la terra e il cielo, fra la tua passata agonia e il tuo futuro di ovatta delicata. Mi chiedo cosa vuoi dimostrarmi conducendomi qui, in questo luogo che non mi appartiene e che non mi potrebbe appartenere mai. “It's the wrong kind of place To be thinking of you”. Il disordine che hai sempre seminato nella tua vita qui è concretizzato. Riconosco che questo spazio è tuo dalla quantità di materiale sparsa sul pavimento in modo apparentemente privo di senso. Ecco che hai finalmente un luogo in cui specchiare la tua mente e in cui il tuo corpo può raggomitolarsi nell’autocompiacimento. Leggo pezzi della tua nuova vita in ogni angolo. Vedo i resti del rito battesimale con cui hai cambiato il tuo nome. Penso che questo luogo sarà magico quando l’inverno ti sorprenderà, fra qualche mese: il legno scuro, il caminetto acceso e la convinzione di essere finalmente al sicuro. Dalle finestre alte si vedono soltanto il cielo e le cime delle colline: ti dico che si vede una bellissima torre; non ti interessa: mi guardi distrattamente e accendi una sigaretta. Vuoi la mia approvazione: come potrei non dartela? Come potrei non sorprendermi davanti alla tua opera? Un atteggiamento orgoglioso, da parte mia, sarebbe nauseante. La sera sta lentamente soffocando il pomeriggio, mentre tu mi spingi ad ammirarti. “It's the wrong time, she's pulling me through. It's a small crime, and I've got no excuse”. Non ho scuse: ti elogio con convinzione e senza ipocrisia alcuna. Le mie parole e i miei sguardi sono schiavi della tua vittoria, del tuo trionfo sul passato. E per questo mi chiedo perché mi hai voluto qui. Io che sono il passato. Io che rappresento il tuo passato. Questo luogo è inadatto a me e qui mi sento come una macchia di fango su un lenzuolo di seta. Noti il mio imbarazzo: non ho possibilità di fingere qui, non sono più capace di prendermi gioco di te, di dimostrarmi altro da quel che sono. Non qui. “It's the wrong kind of place, to be cheating on you”. Ora che la luce cala, inizia a scendere anche un certo silenzio fra noi due. Siamo immobili. Osserviamo il gatto muoversi fra le scatole e la scacchiera. Tu accendi un’altra sigaretta. Io penso che tra queste mura posso capire davvero cosa ti sia successo. E improvvisamente intuisco una presenza nuova. Vedo scene della tua nuova vita a due, vedo la tua anima legata ad un’altra. Non pensavo fosse giunto questo momento per te, non credevo fosse il tempo giusto. Mi sbagliavo. “It's the wrong time, for somebody new”. Il puzzle inizia a farsi chiaro nella mia mente. Ora so che la tua forza ha trovato una nuova sorgente, non più ermetica e interiore, ma evidente. Mi dici che tu non hai più nulla da nascondere e che non devi chiedere più scusa a nessuno. Mi sento colpito da queste tue affermazioni. Io che sono abituato al buio, che ho condiviso il buio con te per secoli, ora sono colpito dalla tua nuova luce. Ora il mio disagio cresce. So di non avere alcun diritto per sentirmi ferito. So che il mio disagio deriva solo dalla mia incapacità di vivere. So che non ci sarà, per me, questa rinascita. So che il mio passato è e sarà per sempre il mio futuro. Mi chiedi se va tutto bene. Ti rispondo che devo andare. Subito. Sono pronto a raccogliere il mio sangue, pronto a cantare la mia mediocrità, ancora una volta. Sento che in un istante mi hai restituito tutto quello che ti ho dato, ma sotto una nuova forma. Va tutto bene? Sì, Certamente. Ti ringrazio. “Give my gun away when it's loaded. Is that alright? yeah. If you don't shoot it how am I supposed to hold it. Is that alright? Yeah”.

Le parti in inglese sono tratte da “9 Crimes” by Damien Rice

4 commenti:

Anonimo ha detto...

E dove sta il problema nel ricominciare da capo? :-) E così, alla fine ci sei andato a vedere la sua casa...la "storia" che c'è dietro, quella reale, la si può solo immaginare, ma le emozioni che descrivi, quelle sono evidenti e fortissime e si accavallano l'una sull'altra, lasciando un po' frastornati. Trovo geniale accostare ad alcune di esse i versi di una canzone...Il futuro è quello che ci costruiamo, con sacrificio e volontà. E' vero non si può prescindere dal passato, ma non trovo nemmeno giusto lasciarsene condizionare, al punto da convincersi che ciò che è stato, sarà per sempre, soprattutto quando si è così giovani, come lo sei tu. Essere abituati al buio, trovarsi a proprio agio nell'abisso, non deve soffocare la speranza. Avere una interiorità come la tua, come quella che esprimi attraverso le parole, qui, dove nasconderci a noi stessi è quasi impossibile, dice che sei un fiore e non una macchia di fango su di un lenzuolo di seta.
Per favore Dan, lasciami i tuoi commenti sul mio blog, da noi è così che funziona:-) A presto. Gas

Daniel ha detto...

Gas, il tuo commento mi ha davvero lasciato senza parole (e non è facile per me rimanere senza parole, te lo assicuro!). Corro sul tuo blog a risponderti.
Daniel

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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